Riccardo Comerio
Varese, uno scrigno per l’industria della moda

Riccardo Comerio <br> Varese, uno scrigno per l’industria della moda

Se si trattasse di Olimpiadi, Varese guadagnerebbe parecchie medaglie. E’ infatti di uno dei distretti più importanti in Italia per quanto riguarda l’industria della moda. Un patrimonio fatto di 1.712 imprese produttive per un totale di quasi 14.400 addetti, che lo piazza all’ottavo posto nazionale. E con primati nazionali in alcune nicchie produttive. Il Varesotto, ad esempio, risulta essere il primo territorio in Italia per la tessitura a maglia. Da podio anche le attività di tintura e candeggio: terze nel Paese con 120 unità locali e 2.271 addetti.
Ovviamente non sono tutte rose e fiori. Ne parliamo con il presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, Riccardo Comerio.

Presidente, qual è l’attuale stato di salute del distretto di Varese?
A livello congiunturale il settore del tessile e abbigliamento in provincia di Varese ha registrato nei primi 3 mesi dell’anno una battuta d’arresto rispetto alle discrete performance di fine 2015. Il 64% degli imprenditori intervistati dal nostro Ufficio Studi ha evidenziato un calo dei livelli produttivi, a fronte di un 24% di imprese stabili e solo un 13% in miglioramento. L’export, nello stesso periodo, è calato del 2,1%. Ciò è segno di una situazione caratterizzata da continui alti e bassi che si alternano di rilevazione in rilevazione. Con uno scenario occupazionale nel quale rimane alto il ricorso agli ammortizzatori sociali. Rimane, però, al di là della congiuntura, il dato strutturale di un distretto tra i più importanti in Italia del settore moda.

Si è chiuso da poche settimane il primo anno del suo mandato alla presidenza dell’Unione Industriali varesina: qual è il risultato che al momento le ha dato maggiore soddisfazione, quale l’impegno più stringente per i prossimi mesi?
Difficile fare una classifica dei traguardi raggiunti. Di sicuro posso dire che insieme ai colleghi che siedono negli organi direttivi e di rappresentanza dell’Associazione e grazie al lavoro di tutta la struttura operativa abbiamo messo in cantiere importanti progetti che spaziano su più fronti. Tra quelli sui quali continueremo a investire risorse e tempo c’è sicuramente Fabbrica 4.0 per il quale godiamo del supporto della nostra Università, la LIUC di Castellanza, con i suoi laboratori di ricerca. Mi piace poi ricordare il nostro impegno a diffondere il welfare aziendale nelle Pmi del territorio (Progetto VareseWelfare), o quello per aumentare la sensibilità delle aziende nel fare degli ambienti di lavoro dei luoghi di promozione di salute (Progetto WHP). E poi ancora: l’impegno di creare un nuovo legame tra aziende e comunità locale per diffondere la cultura di impresa sia tra i giovani e gli studenti (attraverso il Progetto Generazione d’Industria). Senza contare i progetti di formazione per investire sul capitale umano o le attività per aumentare l’internazionalizzazione delle imprese, anche attraverso missioni estere. Ma l’elenco delle cose di cui andare orgoglioso ed essere soddisfatto è, in realtà, molto più lungo.

Quale la preoccupazione maggiore?
Le faccio un elenco di tre miei timori con cui si è aperto l’anno e che, credo, continueranno a pendere come una spada di Damocle sulle nostre capacità locali di crescita: le tensioni internazionali legate al terrorismo ed alle guerre; lo sfaldamento del senso comunitario ed unitario che rischia di minare alle basi l’accordo europeo; una burocrazia che, anche nelle amministrazioni locali, rimane fuori dal tempo e soprattutto sconnessa dalle esigenze temporali delle imprese.

Non solo tessile: il meccanotessile ha avuto recentemente due momenti importanti con Itma e Techtextil. Com’è Varese in questo comparto?
L’industria varesina del meccanotessile, come quella in generale del settore macchinari, è sicuramente uno dei perni del sistema produttivo locale. Ma la dinamicità di questo comparto nel Varesotto non sta solo nei numeri di imprese e addetti, ma anche in alcune storie di innovazione, che dimostrano come non esistano nel manifatturiero settori maturi senza possibilità di cambiare e trovare nuove strade per la crescita. Proprio il nostro meccanotessile esprime case history importanti di aziende che hanno innovato la propria finanza aprendosi al mondo del private equity, o che stanno sviluppando, anche grazie a finanziamenti europei, nuove tecnologie di fabbricazione digitale da impiegare nella moda e nel tessile e che potrebbero rivoluzionare alcune dinamiche produttive a vantaggio del fenomeno del reshoring.

In alcune aree italiane si assiste a manovre di accorpamento tra Confindustrie territoriali, in Lombardia per il momento (Milano-Monza a parte) non ci sono stati casi del genere. Si tratta di una scelta ben precisa oppure anche qui i tempi stanno maturando per un’evoluzione in tal senso?
Come Unione Industriali varesina direi di no. Il cambiamento della geografia associativa che sta caratterizzando Confindustria a seguito della riforma Pesenti è stata voluta per creare strutture meglio capaci di rispondere alle esigenze delle imprese. Su questi terreni penso che la realtà della nostra Unione rappresenti ancora una best practice, anche perché, nonostante le varie fusioni in atto, rimaniamo pur sempre una delle associazioni più rappresentative del Sistema. Detto ciò, non possiamo stare fermi di fronte a certe operazioni, il cui comune denominatore è il miglioramento delle potenzialità delle Associazioni. Uno scopo che la nostra Unione porta avanti costantemente attraverso nuove forme di collaborazione che stiamo mettendo in piedi insieme ad altre realtà lombarde del Sistema su temi specifici temi come l’internazionalizzazione (ad esempio con missioni all’estero). Un altro esempio in tal senso sono poi le attività promosse in forma collaborativa tra varie realtà del Sistema all’interno del Club dei 15, che racchiude le associazioni più manifatturiere di Confindustria, accomunate da esigenze, basi associative e programmazioni simili. Infine, grazie anche al lavoro del Presidente Alberto Ribolla, la stessa Confindustria Lombardia sta dando vita a Comitati Tecnici tematici e specifici che vedono tutte le Associazioni della Regione lavorare insieme per dar vita ad azioni comuni.

Post Expo 2015: cosa è rimasto a Varese e all’economia lombarda?
Per l’industria alimentare, anche quella varesina, è stata sicuramente una vetrina importante. L’export del settore a livello provinciale è aumentato del 6,6% nel 2015 e ciò, probabilmente, anche grazie all’effetto traino dell’Esposizione Universale. Più in generale, invece, Expo forse ha rappresentato una scommessa solo in parte vinta dal Varesotto. L’evento è stato, in realtà, più milanese e proprio a Milano ha lasciato un’eredità infrastrutturale che ora, invece, come Lombardia in generale e, dunque, anche come provincia di Varese, dobbiamo saper sfruttare a vantaggio delle capacità di crescita di tutta la Regione.

Infine, Varese ha o prevede di avere legami con Milano e il settore più propriamente ‘moda’? Penso agli esperimenti di collaborazione tra Prato e Pitti…
Prima di tutto dobbiamo lavorare sul creare più sinergie tra le stesse imprese del nostro distretto. Il Gruppo merceologico delle imprese del Tessile e Abbigliamento dell’Unione Industriali varesina sta lavorando alla creazione di una piattaforma web di e-scouting che permetta la ricerca di collaboratori o partner di mercato anche all’interno dello stesso sistema produttivo locale tessile e moda. Una delle poche realtà in Italia che, nonostante la crisi, ha mantenuto intatta l’integrità della filiera. Caratteristica che dobbiamo saper valorizzare meglio. Questa piattaforma rappresenta uno strumento moderno di organizzazione delle supply chain che pensiamo possa dare alle imprese, molte delle quali poco brandizzate, importanti risultati in termini di visibilità. Almeno così ci dice un’analoga esperienza portata avanti dal distretto aerospaziale, da cui trae spunto quest’ultima iniziativa del nostro settore tessile.

Elisa Signorini

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