Il 2026 è ancora relativamente lontano, così come Pitti Uomo, che metterà in scena la sua edizione 109 a metà gennaio, come sempre alla Fortezza da Basso. Ma la lontananza non è tale da non valutare come la moda maschile potrebbe arrivare all’appuntamento.
L’Ufficio Studi Economici e Statistici di Confindustria Moda ha infatti già analizzato le performance sui mercati esteri nei primi sette mesi del 2025 e il quadro che emerge è quello di un settore che importa più prodotti di quanti ne mandi in giro all’estero. Le vendite fuori dai confini da gennaio a luglio sono infatti calate del 3,2% rispetto allo stesso periodo del 2024, scendendo così a 5,3 miliardi di euro.
Al contrario l’import è salito del 5,5%, raggiungendo i 3,8 miliardi di euro. In uscita la moda maschile rimane forte in Europa (+2,4%), molto meno vivace nei paesi extra-UE (-7,8%), che rimangono però lo sbocco principale (52,2% del totale).
Agli opposti anche l’import: le importazioni provenienti dalla UE risultano in calo del 4,9%, mentre quelle dal mercato extra-UE registrano un incremento a doppia cifra (+15,9%).
La Francia rimane il primo mercato (+1,0%, per 714 milioni di euro, 13,4% dell’export complessivo), poi gli Stati Uniti (+6,5%, 561 milioni, 10,5% del totale) e la Germania (-1,9%, 527 milioni, 9,9% del totale).
Cala la Cina (-18,4%) quarta: quinta la Spagna, sesto il Regno Unito, settimo il Giappone, mentre la Svizzera, hub logistico-commerciale strategico per le principali griffe del settore, mostra una contrazione del 17,6%.
Sul fronte import il Bangladesh si conferma il principale fornitore, con un valore pari a 509 milioni di euro, in aumento del +23,3% (13,5% del totale). Al secondo posto la Cina (457 milioni, +27,0%, 12,1% del totale) e al terzo la Spagna, primo Paese UE in classifica, con 319 milioni di euro e un incremento del 13,9%.
L’analisi sui prodotti rileva che le esportazioni mostrano una dinamica negativa per la maggior parte dei comparti. Si distingue solo l’abbigliamento in pelle, che registra una crescita dell’8%; la flessione più marcata si rileva per la maglieria esterna (-5,2%), seguita dalla confezione maschile (-2,6%). Più contenute le perdite per la camiceria (-1,7%) e per le cravatte (-1,2%).
Per quanto riguarda le importazioni crescono vestiario esterno (+8,3%) e maglieria (+5%).








