Con la chiusura di Milano Unica ed un primo confortante bilancio di Fabric Days il tessile italiano ed europeo manda in archivio un’estate quasi surreale, con gli strascichi del lockdown a condizionare attività e numeri.
Prima di svoltare l’angolo e sperare in un terzo quadrimestre in lieve crescita rimane da analizzare la situazione attuale: il Covid-19 ha stravolto un settore che già da qualche anno lottava per mantenere livelli faticosamente raggiunti dopo la crisi del 2008.
Il 2020, al momento, induce a pensare che chiudere l’anno a -30% sia molto più una speranza che un timore. La tessitura, sia quella che si è ritrovata a Rho che tutta l’altra, partiva da un -4,9% sul fatturato rispetto al 2018 e da un export ancora motore trainante. Ad oggi, dopo i numeri sul primo semestre 2020 presentati da Confindustria Moda, la produzione industriale della tessitura ortogonale (trama-ordito) ha avuto un calo del 25,1%, quella a maglia -31,7%. Un po’ meglio a maggio, con la riapertura dopo il lockdown, ma di nuovo giù a giugno.
L’export è calato del 34,4%, soprattutto verso i mercati extra-Ue, con Cina e Hong Kong rispettivamente a -41,6% e -51,5%. Un po’ meglio, ma con peggiori prospettive per il futuro, gli Usa (-34,7%).
E se guardiamo alla tipologia di prodotto vediamo che a soffrire di più sono stati i produttori di lana cardata (-47,2%) e pettinata (-41,4%), con i tessuti di lino a -22,4%, a maglia -23,9%, in cotone -34,5% e infine la seta a -34,6%.
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