Andrea Cavicchi Da Prato al mondo, passando per Firenze

L’orizzonte di Andrea Cavicchi diventa sempre più largo: da presidente di Confindustria Prato è protagonista dell’evoluzione verso Confindustria Toscana Nord e da poco si aggiunto il nuovo, prestigioso e impegnativo ruolo di presidente del Centro di Firenze per la Moda Italiana. Tanti compiti che si aggiungono a quello di imprenditore e che lo stesso Cavicchi dichiara che accetterà, onorato di tanta fiducia, fino a che riuscirà a portarli avanti in maniera eccellente: un parametro più basso non è contemplabile in questo settore del Tessile/Abbigliamento, fondamentale nell’economia del nostro Paese e finalmente sempre più riconosciuto nella sua importanza anche a livello governativo.

Al presidente del Centro di Firenze per la Moda Italiana, chiediamo quali saranno gli obiettivi del suo mandato.
In totale continuità con la presidenza di Stefano Ricci, c’è la volontà di valorizzare la città di Firenze, di continuare nel rilancio di Pitti Uomo e soprattutto di impegnarsi molto sulle fiere dei Filati e del Bimbo che stanno soffrendo un po’ di più. Non a caso nel progetto che stiamo elaborando con il ministero abbiamo chiesto supporto soprattutto per queste due manifestazioni.

Ci sono dei progetti già in corso?
Ovviamente stiamo già lavorando sugli eventi di giugno ed è interessante il link con gli Uffizi che il Ministro ha annunciato in occasione dell’inaugurazione di Pitti Uomo e che ci darà la possibilità di organizzare eventi nei prossimi tre anni in sedi museali: noi pensiamo più a mostre che a sfilate in queste sedi. Per quanto mi riguarda propongo da sempre di sfruttare questo legame tra moda e cultura, certo che la moda stessa è cultura. Ed è un mio obiettivo coinvolgere in questo progetto anche i Musei privati e Prato col suo Museo del Tessuto.

Un pratese alla guida del Centro di Firenze per la Moda Italiana: come la mettiamo col campanilismo?
Diciamo che lo abbiamo messo da parte! Ho trovato una grande apertura, incoraggiata dalla mia tendenza a coinvolgere tutti i soggetti e a ridare al Centro il suo ruolo originario di coordinamento politico, lasciando a Pitti il compito di occuparsi delle fiere. Del resto già Ricci andava in questo senso.

Grande novità di queste settimane è la nascita del Comitato per la Moda e l’Accessorio, di cui il Centro farà parte: cosa ne pensa?
Il Centro e Pitti Immagine si avvicinano compatti al primo incontro previsto per il 27 gennaio, con la richiesta decisa di valorizzare Firenze che indubbiamente offre delle eccellenze a livello fieristico. In generale mi pare si possa fare bel lavoro sulla razionalizzazione delle fiere nazionali, chiaramente molti dettagli saranno da aggiustare al tavolo di discussione: per esempio la volontà del Governo di unificare le fiere minori a Rho in contemporanea con la settimana della moda mi lascia un po’ perplesso, perché la distanza del polo fieristico da Milano è innegabile e anzi è amplificata durante la fashion week che trattiene gli operatori in città per gli innumerevoli eventi. Ma vedremo, sono comunque ottimista.

Qualcuno già guarda in maniera dubbiosa a questo Comitato come ad uno specchietto per le allodole, un altro ente privo di strumenti: lei esce dal coro?
Se il Comitato funzionerà lo vedremo subito: se è solo una mossa di marketing sarà una bolla di sapone destinata a esplodere rapidamente. Di certo, sette soggetti intorno a un tavolo sono tanti, in più questi sono molto diversi per tipo e per peso. Credo che all’inizio sia giusto questo coinvolgimento ampio, poi ci sarà da trovare un metodo di lavoro altrimenti perdiamo tutti tempo.

Come ritiene più giusto utilizzare i contributi che verranno dal Governo?
Mi vengono subito in mente fiere, internazionalizzazione e incoming: attività che vanno in senso opposto ma che devono essere svolte di pari passo. E’ essenziale sostenere la penetrazione delle nostre aziende sui mercati esteri, con missioni e fiere, ma lo è altrettanto portare sul nostro territorio e nei nostri distretti i potenziali clienti che devono conoscere il vero senso del Made in Italy.

Tornando per un attimo a Prato: lei ha accompagnato l’Unione degli Industriali di Prato nella nascita di Confindustria Toscana. Come procede questa trasformazione?
Tra un mese ci sarà l’elezione dei nuovi organi, in questi giorni ci sono riunioni per la riorganizzazione degli organici. Si tratta di un lavoro impegnativo che va verso una razionalizzazione assolutamente positiva.

Parliamo anche all’imprenditore. Tante fiere e un calendario in continuo cambiamento: cosa sarebbe auspicabile?
Da imprenditore ma soprattutto da rappresentante degli industriali pratesi dico subito che ci stiamo battendo per ripristinare Prima all’inizio di luglio: si tratta di un’anteprima che per noi si colloca in un momento perfetto del calendario. E sarebbe bello portarla da Milano a Firenze, in concomitanza con Pitti Filati. L’idea potrebbe non essere tanto peregrina alla luce del fatto che Fiera Milano deve lasciare il Portello e che una fiera di 80 espositori a Rho sarebbe assolutamente sproporzionata. Al contrario la Fortezza potrebbe avere i giusti spazi.

Infine, come vede la congiuntura mondiale e all’interno di essa il settore tessile?
Ci sono stati segnali forti di ripresa che poi si sono un po’ smorzati. Oggi ci sono ancora molte incertezze che ci fanno essere prudenti, a partire dall’attuale prezzo del petrolio che rappresenta certamente un problema. Per quanto riguarda i mercati, la Cina per i tessuti non è oggi, come non è mai stata, un grande sbocco; gli Stati Uniti non si stanno rivelando la terra promessa che pareva potessero essere; la Russia è indubbiamente rallentata. Bene invece il Giappone e la Corea.

Qual è la parola d’ordine per gli imprenditori?
A costo di essere ripetitivo, devo dire ancora una volta innovazione. Nonostante tutto, chi innova e propone soluzioni avanzate e interessanti va ancora bene, chi rimane fermo è morto.

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