Quale sarà la moda del futuro e dove saranno acquistati i vestiti? Ha cercato di scoprirlo uno studio condotto da IFM e Première Vision.
Sono state coinvolte 6.000 persone non particolarmente esperte di moda o dei processi di produzione, né hanno interesse ad acquistare vestiti, scarpe o accessori. Quindi il campione è estremamente “neutrale” e rappresentativo dei consumatori di Francia, Regno Unito, Italia, Germania e Stati Uniti.
Il primo risultato è che la moda sostenibile rappresenta un terzo del budget dell’abbigliamento ed il secondo è che la percentuale è destinata a crescere. Di contro lo studio, guidato da Gildas Minvielle, direttore dell’Osservatorio Economico di IFM, mostra anche una scarsa conoscenza di materiali e metodi di produzione.
Una “falla” che si può tappare con la conoscenza, offerta anche da saloni come l’odierno Première vision Paris. Andando nello specifico, in uno studio del 2019 di IFM-Première Vision, il 43,4% dei tedeschi e il 45,3% dei francesi hanno acquistato almeno un capo di moda eco-responsabile; nel 2022 due intervistati europei su tre avevano fatto la stessa scelta (65,4% francesi, 65,3% tedeschi, 56,9% britannici e 58% americani).
Per quanto riguarda l’importo speso questi prodotti rappresentano ora un terzo, il 30% e il 21% rispettivamente per francesi, tedeschi e americani. Il Covid può essere stato uno dei motivi della crescita: nel 2019 l’Italia era un Paese abbastanza in ritardo e solo il 45% degli italiani aveva acquistato un capo di moda eco-responsabile, percentuale salita al 78,4% di oggi. Sono presenti articoli eco-responsabili in quasi la metà degli armadi italiani.
Anche per la moda sostenibile vale la tripletta “prezzo, comfort e qualità“: nel 2022 il prezzo è al primo posto, appena prima della qualità per gli europei e del comfort per gli americani. Solo per il 12% dei francesi la sostenibilità è un ostacolo per la bellezza del prodotto, mentre il prezzo sarà sempre più determinante nel prossimo futuro viste le incertezze attuali.
A guidare la scelta di un capo eco-sostenibile sono i materali: in Germania, Regno Unito e Italia un consumatore su tre (30,1% degli inglesi, 31,5% dei tedeschi e il 38,6% degli italiani) li ha citati come motivazione primaria per un acquisto eco-responsabile.
Acquista importanza anche il luogo di produzione: in due dei paesi studiati un capo eco-responsabile è prima di tutto un capo prodotto localmente (33,4% dei francesi e il 42,6% degli americani). Ultimo importante punto chiave è la responsabilità sociale, citata dal 12 al 18% degli intervistati.
Agli intervistati è stato chiesto quali marchi approvassero in termini di rispetto per l’ambiente: le risposte nei cinque paesi sono molto omogenee. I brand più famosi, soprattutto legati allo sportswear ed al fast fashion, sono tra le prime cinque scelte.
Tra coloro che non acquistano ancora moda sostenibile, il 40,2% degli intervistati in Francia afferma di non farlo per mancanza di informazioni; la cifra sale al 49% negli Stati Uniti, col 33% che non sa dove trovare tali prodotti.
Quando si tratta dei materiali con cui è realizzato un capo le risposte dipendono tanto dalla percezione culturale quanto da una valutazione oggettiva del loro impatto. Per esempio, la pelle: è il primo materiale riciclato della storia, un modo per utilizzare gli scarti prodotti dall’industria alimentare ed ha una resistenza che allunga notevolmente la vita di un capo.
Ma un capo in pelle è profondamente divisivo: in tutti i paesi presi in esame, la pelle è tra i cinque materiali criticabili: il 27% degli intervistati francesi lo considera “il materiale con l’impatto più negativo sull’ambiente”, così come il 35% degli intervistati britannici e oltre il 40% degli italiani.
In Francia il 28% delle persone che si rifiuta di acquistare la pelle cita le “sofferenze animali” (35% in Italia). Inoltre il 23,1% rifiuta di acquistare “qualsiasi prodotto di origine animale”. Ma solo una persona su due sa che la pelle proviene da animali destinati al consumo della carne.
E poi ci sono la confusione tra pelle e pelliccia, la mancanza di conoscenza dei processi di produzione e l’ascesa del movimento vegano. È attorno a questo tipo di materiale che le differenze culturali sono più visibili: negli Stati Uniti, dove l’allevamento e la pelle regnano sovrani, così come la Germania, guardano molto più favorevolmente alla pelle e più del 70% di le persone la ritengono un materiale eco-responsabile.