Rischio idraulico, lo studio di CTN su Pistoia e Prato

Dopo il Serchio, il Bisenzio e l’Agna: sono questi i corsi d’acqua oggetto dello studio di Confindustria Toscana Nord sul rischio idraulico di Lucca, Pistoia e Prato, presentato a due anni esatti dall’alluvione che colpì la Toscana.

CTN ha affidato il lavoro alla società Orisha dell’ingegner David Settesoldi, col coordinamento di Enio Paris, professore emerito di Idraulica dell’Università di Firenze e membro del Comitato tecnico-scientifico della Regione Toscana: “Studio per la valutazione del rischio idraulico da collasso arginale in alcune zone delle province di Lucca, Pistoia e Prato” il nome dell’elaborato, illustrato in due distinti incontri a imprese e amministrazioni di Prato e Pistoia. A Lucca, con un focus sul Serchio nel tratto di Diecimo, lo studio fu anticipato nell’ambito di “Pianeta Terra Festival” ad ottobre.

Ha aperto i lavori di entrambi gli incontri la presidente di Confindustria Toscana Nord Fabia Romagnoli (nella foto col direttore di CTN Rossi): “L’alluvione di due anni fa – ha detto – ci indusse a rivolgere subito un appello all’unione e alla condivisione di ogni buona pratica che potesse lenire i danni e decidemmo di finanziare la ricerca del professor Paris per capire dove il collasso di un argine possa produrre i maggiori danni. Oggi mettiamo a disposizione delle aziende, della politica, delle amministrazioni questo lavoro sperando che se ne voglia tener conto e che se ne colgano le indicazioni, a iniziare da quelle linee guida dell’autorità di distretto Appennino settentrionale nel cui perimetro si dovranno collocare gli interventi descritti”.

Il primo aspetto evidenziato è che l’intero sistema di rilevato arginale della Toscana si estende per duemila chilometri e risale a epoche diverse e successive: composizione del suolo e tecniche di costruzione usate sono quindi varie e non tutte indagabili con sondaggi e rilievi. Questa impossibilità di monitorare con piena efficacia i rilevati arginali, unita agli effetti del cambiamento climatico, fa sì che il sistema possa collassare ovunque e che con le conoscenze attuali l’evento non sia prevedibile con un sufficiente grado di certezza.

Per quanto riguarda il Bisenzio i danni gravi del 2023 non sono attribuibili a rotture degli argini. Diverso invece il discorso a valle della città: alcune criticità arginali sono sia nel fiume principale che nel reticolo secondario, ma la prossimità dell’autostrada Firenze-Mare e di altre importanti strade rendono complicato attuare gli interventi necessari, alcuni dei quali già in corso di realizzazione e progettazione.

Per l’Agna invece lo studio ha individuato nella sinistra, quindi dal lato di Montemurlo, la parte esposta a maggior rischio, anche se nel 2023 è stata la sponda destra, quella sul lato di Montale, a rompersi generando danni ingenti. “E’ positivo che esista già un progetto regionale di riprofilatura degli argini – spiega Paris – ma bisogna anche essere consapevoli che l’operazione totale richiederà tempi lunghi, non meno di dieci anni, e fondi ad oggi non disponibili; in attesa che il progetto si compia nella sua interezza, lo studio indica misure provvisorie da assumere in caso di alluvione”.

Queste sono il monitoraggio dell’area, la manutenzione e l’autoprotezione, con un sistema in grado di dare tempestivo allarme, la messa in sicurezza di impianti elettrici e a gas, la protezione dei locali sensibili con paratie o sacchi di sabbia, il sollevamento a livelli superiori di attrezzature e materiali suscettibili di danni, l’installazione di porte a tenuta stagna e di finestre antiallagamento e di dispositivi di non ritorno sulle condutture di scarico, fino ad arrivare, nei casi più pericolosi, allo spegnimento di sistemi elettrici e a gas e alla messa in atto di piani di evacuazione.

“Il quadro è particolarmente complesso – commenta Romagnoli – perché parliamo di corsi d’acqua che sono potenziali portatori di nuovi eventi catastrofali. Nel caso dell’Agna c’è il rischio che la forza dell’acqua produca disastri di particolare intensità, tenuto conto anche della viabilità che costeggia l’argine destro. Lo stesso vale per il Bisenzio, dove addirittura l’intero corso del fiume può considerarsi a rischio. Non siamo in stato di emergenza o di ricostruzione, purché vi sia una figura commissariale in grado di agire con rapidità ed efficacia per mettere in sicurezza il territorio”.

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Matteo Grazzini
Matteo Grazzini