ifco 2022

A cavallo tra est ed Europa, IFCO insegue tanti sogni

In una Istanbul insolitamente nuvolosa e coperta da una cappa di caldo ha preso il via ieri IFCO, alla sua seconda edizione dopo il felice debutto invernale. 300 espositori, praticamente solo turchi, il confermato appoggio delle istituzioni, con tanto di presenza di ministri e politici vari e un mare di colori, in un mix tra moda europea e stili più orientali.

D’altronde siamo sul Bosforo, da sempre crocevia di tradizioni, religioni, stili di vita e gusti spesso opposti: la fiera è un fiorire di variazioni cromatiche, talvolta eccessive per chi ha gusti più classici ma sicuramente frutto di ricerca e creatività. C’è da dire che l’Italia non c’è, né a livello di espositori né nei primi pensieri degli organizzatori, l’associazione degli esportatori di Istanbul, che hanno come target la Germania (primo paese di destinazione dell’abbigliamento turco) ma anche Belgio, Austria e una meno ipotizzabile Spagna (secondo mercato europeo), oltre agli USA ed ai più scontati paesi vicini, a iniziare dalla Russia (ben presente in fiera, a giudicare dalle lingue ascoltate nei corridoi).

E c’è il sogno-progetto, sempre con l’appoggio delle istituzioni, di creare cinque brand in grado in tre anni di arrivare al top della moda mondiale.

Ma l’assenza dell’Italia è solo “materiale”: passeggiando nei tre padiglioni della fiera di Istanbul si trovano tanti riferimenti alla moda italiana, sia nei nomi di diversi brand che citano “Milano”, “alta moda”, “dolce vita” e altro, che nel modo in cui a molti brillano gli occhi quando scoprono di avere di fronte un italiano.

Italia quindi ancora come esempio e ispirazione di stile, anche se poi i colori di molti dei capi esposti spaziano da arancioni assai accesi a abbinamenti audaci poco adatti alla moda più classica. Rispetto alla prima edizione mancano le sfilate, che hanno lasciato spazio ai dibattiti sulla sostenibilità, tema centrale anche a queste latitudini.

Ma è la fiera stessa momento di passerella, visto che non pochi brand mandano in giro modelle e hostess con abiti da sera, da sposa o da serata importante (ed a volte anche insospettabilmente “provocante” con tubini ridotti ai minimi termini) direttamente sul tappeto rosso che unisce i vari padiglioni.

Nell’ala riservata a Beethoven, curioso esempio di grande negozio (di Istanbul) che ospita al proprio interno decine di brand che non hanno negozi propri e producono abiti per ogni tipo di clientela, c’è spazio anche per una band di tre elementi che gira alternando allegre marcette locali a canzoni meno tipiche ma sicuramente riconoscibili, almeno per chi viene dal paese di Armani e Valentino: O’ sole mio, Funicolì Funicolà e persino Bella Ciao.

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