La location è nuova e, a giudicare dai dintorni, più che azzeccata: il Bursa Textile Show per la sua dodicesima edizione si è spostato all’Atatürk Kongre Kultur Merkez, un centro economico e culturale moderno immerso in un parco verde, il colore di questa città adagiata tra il Mar di Marmara e le pendici di un alto monte, l’Uludağ, nel cuore della Via della Seta che unisce Oriente e Occidente.
Un giardino curato, prati all’inglese, fontane e laghetti: un contesto sicuramente diverso dalle fiere a cui siamo abituati, compresa Texhibition, nella lontana (non tanto geograficamente quanto nelle dimensioni) Istanbul. Siamo ai margini del centro città ed il Bursa Textile Show occupa un’ala del centro culturale, proprio di fronte allo stadio secondario della squadra cittadina, il Bursaspor, oggi nobile decaduta in quarta serie.
In questa ambientazione sicuramente rilassante la fiera accoglie anche oggi, secondo e ultimo giorno di salone, una variegata umanità: piccoli clienti locali, visitatori stranieri ed anche qualche designer. I numeri sono quelli di una fiera locale, che si rivolge ad un mercato circoscritto ma che può trovare sbocchi interessanti sia ad est, con tutto il Medio Oriente, che a nord, al di là del Mar Nero, dove la guerra tra Ucraina e Russia non sembra aver fermato i viaggi dei buyers.
Dopo il turco è infatti il russo (ed i suoi derivati) la lingua più comune tra gli stand e buttando un occhio ai badge dei visitatori si legge non solo Russia ma anche Bielorussia, Moldova e Azerbaijan ma non mancano polacchi, marocchini, spagnoli ed anche qualche tedesco. L’Italia è merce rara: gli organizzatori hanno fatto un’operazione di incoming chiamando alcuni operatori del settore (brand, rappresentanti e importatori) ma la presenza in fiera è limitata ad una decina di persone.
Una di queste è Giuseppe Ferrucci, pugliese, che opera in un settore particolare, quello degli ausili per anziani, con, tra l’altro, intimo e pigiami sanitari. Per lui le fiere come il Bursa Textile Show sono un’abitudine, venendo da anni di trasferte ad est, a iniziare dal CPM di Mosca: “In un periodo in cui l’abbigliamento non è più una priorità – spiega – la fascia media sta sparendo. In Italia ci siamo già arrivati da tempo ma mi pare che anche la Turchia stia iniziando. Il nostro sistema tessile sta avendo un tracollo, anche a causa del poco ricambio generazionale e della mancata fiducia nei giovani, che invece qui c’è. Noi, anche per adattarci a questo cambiamento, ci siamo aperti sempre di più al digitale ed oggi facciamo il 90% del fatturato online”.
Quindi la scelta di rifornirsi in Turchia: “Magari il rapporto tra il costo di un tessuto simile per qualità tra Italia e Turchia non è più tre a uno come una volta ma è ancora almeno due a uno. Ma la qualità del tessile turco si è alzata molto negli anni, anche grazie agli investimenti sui macchinari e all’aiuto dello Stato. Le aziende si sono anche ingrandite nelle dimensioni”.
Il (poco) resto di Italia si vede in qualche brand scritto sui pannelli delle aziende espositrici, anche se Zara è uno dei nomi più ricorrenti e non ci sono particolari riferimento al mondo del lusso e questo spiega l’assenza dei francesi. In attesa dei numeri di chiusura del salone, che viene da circa 7.000 visite nelle edizioni precedenti, gli organizzatori possono contare su solide basi: una cordiale assistenza ai visitatori, con spazi non congestionati e stand accoglienti, aree per coffe break gratuiti e un’ampia Vip Lounge.