Cna e Centergross: #SalviamoLaModaItaliana

Il Centergross e  CNA Federmoda tornano alla carica. Dopo l’appello che il polo d’eccellenza bolognese ha rivolto al Governo della scorsa settimana e dopo le riflessioni condivise dal settore moda della CNA nazionale con il Ministero dello Sviluppo Economico, i due soggetti del panorama Tessile/Moda avanzano nuove proposte e azioni utili per la ripartenza economica del settore moda. La moda è un settore indubbiamente strategico per lo sviluppo di tutto il Paese. A raccontarlo sono i numeri: oltre 80.000 imprese occupano circa 1 milione di persone per un fatturato che si aggira sui 90 miliardi di euro e un export di 50 miliardi di euro. Per questo “il settore moda deve essere messo in una graduale condizione di riavvio delle attività per non rischiare di saltare sia la presentazione delle collezioni PE 2021 sia la consegna dell’AI 2020/2021 – ha commentato Marco Landi, presidente nazionale CNA Federmoda – Un avvio graduale, con tutte le garanzie del caso per i lavoratori, che si basi sulle condizioni interne alle diverse aziende. Riteniamo che appena allentata l’emergenza possa pensarsi ad una riapertura selettiva del Paese. Ė necessario combinare alla strategia sanitaria una strategia economica per la ripartenza” .

All’interno del settore Moda, un posto di rilievo ha il pronto moda, come sottolinea Piero Scandellari, presidente della città del commercio bolognese, un colosso del settore con oltre 600 aziende che occupano 6000 lavoratori per un volume complessivo di affari pari a 5 miliardi di euro l’anno: “il pronto moda, nato proprio al Centergross 40 anni fa, ha una capacità di reazione molto più rapida, perché ha già un business model basato sulla velocità di produzione e distribuzione. Per questo le imprese del pronto moda potrebbero configurarsi come un laboratorio locomotiva della ripartenza. Dateci il via, siamo pronti a scattare e tornare più forti di prima”.

Ecco allora il decalogo di punti sotto l’hashtag #SalviamoLaModaItaliana.

1) Equiparazione della filiera della moda alle filiere in crisi inserite nel decreto “Cura Italia”. La moda non è una filiera di serie B;

2) Concessione della cassa integrazione Covid-19 anche oltre le nove settimane previste, se necessario;

3) Garanzia dei pagamenti lungo l’intera filiera per evitare blocchi di liquidità che provocherebbero fallimenti;

4) Attribuzione anche ai contratti d’azienda tipici di tutti i centri outlet, e non solo, della legge del Governo che concede ai negozi di categoria C1 un credito di imposta del 60% sul pagamento dell’affitto;

5) Sospensione del pagamento dell’imposta IRES sul bilancio 2019 in attesa del bilancio 2020, sicuramente in perdita, per compensare gli imponibili dei due anni, che può portare a un credito o debito di imposta da dichiarare a maggio 2021;

6) Sospensione per il 2020 di Tasi e Imu su capannoni, depositi, negozi;

7) Messa in atto di condizioni migliorative per le società di moda che hanno sede in Italia, che producono in Italia, e che fanno operare realtà sul territorio nazionale: è questo il vero Made in Italy;

8) Riduzione, se non azzeramento, delle aliquote IVA fino al 31 dicembre 2020 per far ripartire la filiera e i consumi;

9) Riduzione delle aliquote sui contributi fino al termine del 2021 per mantenere i lavoratori a costi sostenibili e favorire la ripartenza;

10) Concessione di finanziamenti agevolati con bonus fiscali per investimenti sul digitale.

L’imprenditore è un sognatore. Non fateci smettere di sognare. Non spegnete la moda italiana.

 

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