CTN guarda a Washington con preoccupazione

Confindustria Toscana Nord ha fatto una prima valutazione dell’impatto che potranno avere i dazi USA al 30% nel caso vengano davvero applicati.

I già temibili dazi al 10% diventerebbero quindi vera e propria preoccupazione: le esportazioni complessive dell’area Lucca-Pistoia-Prato verso gli USA sfiorano nella media degli ultimi anni gli 800 milioni annui, pressoché esclusivamente dovuti a prodotti manifatturieri e in progressiva crescita; il mercato statunitense rappresenta il 7,6% del totale dell’export delle tre province. Significative anche le importazioni: 180 milioni di euro annui (3,5% del totale), di cui l’85% costituiti da prodotti manifatturieri.

Il 20% dell’export è rappresentato da macchinari e apparecchi, principalmente macchine per l’industria cartaria e per il tessile: per questi prodotti il mercato statunitense vale il 50% del totale ed è il primo per importanza.

Inferiori invece le quote che riguardano gli articoli di abbigliamento (9%) e tessuti e filati (6%).

Alcuni prodotti avevano già dazi rilevanti, come i tessuti cardati e pettinati a maggioranza lana

“Il tema dei dazi è cruciale – commenta la presidente di Confindustria Toscana Nord Fabia Romagnoli – e l’aumento si somma all’attuale rapporto di cambio euro/dollaro che già da solo costituisce un ostacolo forte alle esportazioni. Il rischio forse più grave è di sistema, che si abbatterà sulle catene di produzione nel loro complesso, incluse quelle statunitensi. La crescita economica mondiale storicamente è stata favorita da una concezione degli scambi commerciali all’insegna della libera circolazione delle merci. Le barriere tariffarie di un paese importante come gli Stati Uniti ne innescano altre, fanno lievitare prezzi e inflazione, deprimono i consumi. L’Unione Europea dovrà calibrare la propria posizione con lucidità, realismo e fermezza, ma occorre anche che a livello europeo (oltre che di governo italiano per quanto in suo potere) questa occasione venga vissuta come uno stimolo forte a tarare le proprie politiche economiche in senso più favorevole allo sviluppo industriale. A livello nazionale rimane anche, in buona parte irrisolto, il problema dei costi energetici”.

Per Prato il quadro non è confortante: “Alcuni prodotti – aggiunge Romagnoli – avevano già dazi rilevanti, come i tessuti cardati e pettinati a maggioranza lana, che sono già al 25% del valore e che quindi vedrebbero la tariffa più che raddoppiata; ma anche alcune tipologie di capi di abbigliamento da donna sono già oggi al 14,9% e alcuni accessori superano il 10%. Le macchine tessili che Prato esporta verso gli USA, soprattutto per la produzione e il finissaggio dei tessuti non tessuti, hanno oggi invece dazio zero o minimo, essendo una risorsa indispensabile per l’industria tessile americana. Anche se la quota di export della provincia di Prato indirizzata agli USA è complessivamente solo del 4,9%, pari a meno di 160 milioni di euro, i dazi colpiranno in maniera diretta soprattutto alcuni prodotti fortemente caratterizzanti il nostro sistema produttivo. Ma la preoccupazione principale rimane quella generale: catene di fornitura e possibile, per non dire probabile, strozzatura degli scambi internazionali”.

“Per Pistoia – aggiunge a sua volta il vicepresidente di Confindustria Toscana Nord Massimo Capecchi – i risvolti saranno su alimentari, calzature e macchinari e apparecchi, per i quali il mercato statunitense rappresenta il primo sbocco commerciale”.

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Matteo Grazzini
Matteo Grazzini