Non è brillante il quadro verde-bianco-rosso che emerge dall’International Property Rights Index 2020 (Indice Internazionale sulla tutela dei diritti di proprietà). Lo studio, realizzato dalla Property Rights Alliance di cui fa parte il think tank Competere.eu, misura la tutela della proprietà in oltre 129 Paesi, rappresentanti il 98 per cento del PIL mondiale ed il 94 per cento della popolazione.
L’Italia peggiora ulteriormente la propria posizione da 46° a 47°, tra le peggiori nella UE, molto distante dagli altri Paesi del G7 e dopo il Sud Africa e l’Uruguay, con un punteggio finale di 6.2 su 10.
Finlandia, Svizzera, Singapore, Nuova Zelanda e Giappone sono al vertice ed hanno tutte un punteggio superiore a 8. I Paesi del G7 mediamente hanno ottenuto un punteggio medio pari a 7.7.
L’indice valuta il sistema politico e giuridico, la tutela dei diritti fisici e la tutela dei diritti intellettuali; l’Italia è insufficiente nella prima voce, soprattutto per quanto riguarda la stabilità politica e l’efficienza e l’efficacia della giustizia civile, oltre agli alti livelli di corruzione percepiti, mentre raggiunge una risicata sufficienza nelle altre due. Altri punti deboli sono la tutela del copyright e la capacità di accesso al credito i cui punteggi sono molto bassi (intorno a 3.1).
Nell’edizione 2020 particolare peso nel giudizio finale è stato dato alla parità di genere e in molte nazioni questo obiettivo è ancora lontano dall’essere raggiunto.
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