C’era anche la presidente nazionale di Cna Federmoda, Doriana Marini, nelle vesti di relatrice, alla presentazione della quinta edizione dell’Osservatorio “Donne e Moda – Le carriere femminili nella Moda e nel Lusso”, promosso da Il Foglio della Moda in partnership con PwC Italia e con il contributo della stessa Cna Federmoda, e di Confindustria Moda, Confindustria Accessori Moda e Camera Nazionale della Moda Italiana.
L’incontro alla Camera dei Deputati è stato introdotto dall’onorevole. Fabio Pietrella, membro della X Commissione Attività produttive, commercio e turismo. Tra i temi trattati gli strumenti politici per migliorare il sistema e le filiere della moda, conoscendone le criticità e valorizzando le best practice già esistenti. Evidenziando che “la moda è uno dei pochi settori in cui il merito femminile viene riconosciuto, pur in una persistente prevalenza di ruoli impiegatizi rispetto a quelli dirigenziali”.
La ricerca, illustrata da Sara Zanellini di PwC Italia, ha mostrato i principali trend emersi dal Barometro 2025. Il rapporto evidenzia come la presenza femminile nel sistema moda continui a crescere, sia in termini quantitativi che qualitativi: nelle piccole e medie imprese, e nelle imprese artigiane associate a Cna Federmoda, l’85% delle aziende impiega più del 50% di donne e quasi tre CEO su quattro sono donne; nei grandi brand, le donne rappresentano il 30,6% dei componenti degli organi societari, in aumento del 2,5% rispetto alla prima edizione dell’Osservatorio.
Nel tessile e abbigliamento, la manodopera femminile costituisce il 59,3% del totale, a fronte di una media del 28,9% nell’industria manifatturiera nazionale, ma rimane una concentrazione delle donne in ruoli operativi e amministrativi, con una presenza più limitata ai vertici; il 58% delle aziende dichiara di avere lavoratrici con contratto part-time, nel 75% dei casi per conciliare esigenze di vita e lavoro; il 53% delle imprese non dispone ancora di strumenti di welfare a sostegno della genitorialità, e solo il 3% ha inserito obiettivi di diversity & inclusion nei propri piani strategici a lungo termine.
Marini ha sottolineato il valore delle imprese femminili e la necessità di un approccio politico e industriale che tuteli le filiere produttive: “Dietro i grandi marchi – ha detto – c’è un tessuto produttivo fatto di aziende che danno lavoro e tengono in vita i distretti. Ogni volta che un’impresa chiude, si perde un pezzo di competenza e di identità del made in Italy. Non è la regola lavorare nell’illegalità: servono strumenti condivisi e verifiche sostanziali, non certificazioni per principio. Solo un equilibrio equo dei margini tra brand e fornitori può garantire un sistema sano e competitivo. L’imprenditoria femminile nella moda non è un tema di genere, ma una scelta di politica industriale”.
Poi il richiamo a politiche di sostegno alla genitorialità e di valorizzazione del capitale umano femminile come leve strategiche per il futuro del comparto.








