Filo, la Cina non è vicina

La strada verso la Cina è lunga, tortuosa e passa anche da Istanbul. Non essendo questo un sito di notizie legate ai viaggi bisogna contestualizzare e riformulare: Filo ad ottobre vuol essere protagonista a Shanghai ma il tetto minimo di venti aziende presenti non è stato ancora raggiunto e all’orizzonte c’è un’apertura verso altri mercati, tanto che a settembre salone e collezioni saranno presentate in Turchia.

Con questa premessa nasce la cornice alle parole di Paolo Monfermoso, responsabile di Filo che poco meno di sei mesi fa aveva presentato il progetto Cina. Nell’edizione zero furono sette le aziende presenti, adesso come minimo è obbligatorio raddoppiare, anche se giurando tra gli stand l’impresa non sembra facile. Dura di sicuro, vista la diffidenza verso quel mercato, ma non impossibile.

“Un po’ di adesioni ne abbiamo – spiega Monfermoso – ma il periodo della semina è proprio questo del salone. Non siamo a quota venti e poco importa se alla fine saranno diciotto o ventuno, l’importante è dare un segnale chiaro e andare a Shanghai in buon numero. Il momento storico non aiuta, tra terrorismo ed economia c’è poca propensione a spostarsi da un posto all’altro, ma andare in Cina non è tassativo, se non saremo in grado di fare massa critica ed essere in buon numero non andremo”.

Invece per l’edizione milanese le indicazioni sembrano ottime.
Siamo soddisfatti per numero di espositori e aree espositive. Alcune aziende hanno addirittura aumentato la grandezza degli stand e siamo stati costretti a cambiare la disposizione di alcuni spazi comuni per fare più posto. Noi non siamo una società che realizza fiere, mi piace dire che noi diamo alle aziende la possibilità di avere per due giorni un proprio ufficio nel cuore di Milano.

Gli unici dubbi e malumori, percepiti qua e là, riguardano le date. Così anticipate rispetto ad appena un paio di anni fa non piacciono a tutti.
Abbiamo dovuto anticipare seguendo il trend delle altre fiere. Forse è un problema ma fornendo noi prodotti semi-lavorati dobbiamo star dietro alle altre parti della filiera. Cerchiamo di rimediare o di adattarci dando più servizi alle aziende.

Intanto è partito il tavolo del Comitato della Moda e dell’Accessorio e voi ne fate parte. Le prime impressioni?
Buone. Abbiamo iniziato già da più di un anno un lavoro con Carlo Calenda e la presenza all’inaugurazione di ieri di Botto Poala e Di Natale per Milano Unica e Sistema Moda Italia conferma che stiamo proseguendo sulla strada dell’unità tra più soggetti per fare sistema. Per noi la collocazione una settimana dopo la Fashion Week milanese è ottima e comunque tutti dobbiamo fare qualche sacrificio, anche per la presenza all’estero.

Ma confermate che non ci sarà mai un abbinamento totale a Milano Unica…
Non può esserci per date e rapporti tra ‘clienti’. I filatori lo sono per i tessitori e viceversa. Ma possiamo andare verso una compattazione di molte altre componenti, arrivando ad esempio ad una strategia di comunicazione uguale, a layout fieristici identici. Rimaniamo aperti a qualsiasi cooperazione e contaminazione.

Anche quella con un’apertura ancora più ampia di aziende straniere a Filo?
Ci sono già e stiamo lavorando per averne di più. Lavoriamo come B2B e quindi i requisiti di qualità e serietà devono rimanere alti. Le aziende che vengono a Filo hanno target almeno medio-alti, fino all’alta gamma. Non possiamo spalancare le porte a tutti, soprattutto a stranieri con qualità basse, altrimenti rischiamo di portarci in casa una concorrenza basata solo sui prezzi bassi, che è un po’ il problema che si pensa di avere a Shanghai affrontando il mercato cinese. Per quanto riguarda gli stranieri comunque ci puntiamo molto anche a livello di visitatori. Per questa edizione, con ICE, abbiano portato una delegazione giapponese e il 21 settembre saremo a Istanbul a presentare il salone milanese del 28-29 settembre e le sue eccellenze.

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