E’ stato definitivamente archiviato il procedimento penale per il “dato raccolto ambiguo e tale da non poter superare senza margine di dubbio il dibattimento” nei confronti della Tintoria Zerbi per l’inquinamento al fiume Olona.
L’azienda di Lonate Ceppino fu oggetto nel 2013 di accertamenti che ne imposero per alcuni mesi il fermo delle attività, contribuendo alla sua chiusura, con la perdita di 81 posti di lavoro: “Non eravamo noi ad inquinare l’Olona e ora ci sono degli atti giudiziari che lo confermano in maniera definitiva” dice Davide Cova, ex amministratore della Tintoria Zerbi. Dopo i primi rilevamenti venne formulata l’ipotesi che fosse l’azienda la causa di alcuni valori delle acque fuori dai limiti, nonché delle schiume visibili ad occhio nudo. Una teoria a cui l’azienda si è da subito opposta. “Abbiamo – ricorda Cova – sempre contestato il punto dove venne prelevato il campione di acqua (alla bocca di scarico situata ben al di sotto del livello del fiume Olona e non al pozzetto ispettivo come prescritto per legge) e abbiamo sempre fatto notare come anche dopo la chiusura per tre mesi dell’attività, imposta a seguito di quei controlli, le schiume non scomparvero”.
Cova ricevette un avviso di garanzia: “Ciò fece di me un indagato, ma mai un imputato e men che meno un colpevole” dice l’imprenditore che ora vuole riscattare l’immagine e i valori dell’azienda. Il Pubblico Ministero chiese al Giudice per le Indagini Preliminari l’archiviazione il 20 giugno del 2016. Nel documento di richiesta di archiviazione è scritto che “la presenza di schiume nel fiume Olona è notoria e che non vi è comunque prova che tale accadimento sia causalmente riconducibile all’attività della tintoria”. Nel prelievo del campione delle acque c’è scritto che “il dato raccolto è ambiguo” e viene anche smontata la contestazione della presenza del rame negli scarichi della Zerbi.
“Avevamo da poco investito nel nostro impianto di depurazione circa 2 milioni di euro spiega Cova – ai quali bisogna aggiungere gli 1,7 milioni di costi negli ultimi cinque anni di gestione. La nostra acqua presentava valori comunque non tali da giustificare una chiusura aziendale”. Ora l’archiviazione, per prescrizione, ma richiamando esplicitamente il documento del Pubblico Ministero che ne chiese la restituzione dei documenti e la chiusura del procedimento senza rinvio a giudizio già due anni prima.
“La storica sensibilità ambientale della Tintoria Zerbi – conclude Cova – era testimoniata da 35 anni di attività depurativa, sempre sotto stretta osservazione e sempre sottoposta a diversi controlli durante l’anno. Non abbiamo, prima dei fatti contestati, mai avuto degli scarichi oltre i limiti tabellari, mai alcuna questione. Quando il depuratore aveva dei problemi, venivano risolti tempestivamente, compatibilmente coi tempi tecnici necessari”.
Oggi la Tintoria Zerbi non esiste più, è in procedura concorsuale. “La chiusura forzata di circa tre mesi dopo l’accertamento – conclude Cova – creò i presupposti per quanto sarebbe poi successo. Tre mesi di stop vollero dire per la società sostenere, solo tra paghe e contributi, costi per 1,6 milioni di euro, senza poter, dall’altra parte, produrre e dunque vendere e incassare alcunché. Vogliamo riabilitare il nome della Tintoria Zerbi – chiosa Cova – che ha operato per 80 anni dando lavoro nel tempo a centinaia di persone e contribuendo alla costruzione di un benessere diffuso sul territorio. Perché quello che è capitato a me, alla mia azienda e ai miei collaboratori non accada più”.
Immagine: valleolona.com