I produttori di filati pratesi si preparano per Pitti Filati 84: 30 aziende pronte per l’ennesima vetrina di prodotti d’eccellenza alla più importante fiera al mondo del settore, che i dati descrivono in salute.
Il distretto mette in campo 77 aziende, con 1.300 addetti diretti e una filiera fortemente specializzata alle spalle; il giro di affari è intorno ai 540 milioni di euro di cui più del 40% viene venduto all’estero. Metà della produzione pratese è costituita da filati per maglieria, un ulteriore 25% per tessitura ortogonale e jacquard, il 15% per arredamento e il rimanente per cucirini, ricamo, aguglieria. Quasi il 70% della produzione di filati è concentrata sulla stagione invernale: quella di gennaio è quindi l’edizione di Pitti Filati meno congeniale alle tipologie pratesi.
Anche la congiuntura indica un buon andamento: secondo il Centro studi di Confindustria Toscana Nord è del +12% la variazione della produzione del terzo trimestre 2018 rispetto al corrispondente periodo del 2017 e in +5,9% la variazione dei nove mesi gennaio-settembre 2018 sugli stessi mesi del 2017. Bene anche l’export (+7,06% sul trimestre e +5% sui nove mesi).
Anche se un raffronto chiaro non è possibile sembra proprio che le filature pratesi stiano meglio della media: il settore filati in Italia ha infatti segnato -10,3% come produzione del terzo trimestre e -2,3% nei primi nove mesi.
“I dati – commenta Raffaella Pinori (nella foto), coordinatrice del gruppo Produttori di filati della sezione Sistema moda di Confindustria Toscana Nord – inducono all’ottimismo. Abbiamo lavorato e investito molto per introdurre innovazione nelle nostre aziende e per qualificarci come punto di riferimento per chi aspiri a prodotti creativi, sostenibili e di qualità. E’ giusto che ora raccogliamo qualche buon risultato. Ma abbiamo ben presenti le difficoltà in essere già oggi e che potranno presentarsi nell’immediato futuro. Se l’allarme sui prezzi delle materie prime è meno forte di qualche mese fa, la bolletta energetica per elettricità e gas continua a salire. Anche gli investimenti per la sostenibilità e per le certificazioni costituiscono un costo non indifferente, così come lavorare per lotti sempre più piccoli e frammentati. Il nostro principale problema rimane quello dei costi: fatturiamo ma i margini non sono quelli che sarebbe legittimo aspettarsi. La strada che abbiamo imboccato è senz’altro quella giusta: prodotti di buono o ottimo livello, che ci portano su un piano diverso e più alto rispetto alla concorrenza internazionale. Ma per poter avere risultati economici veramente buoni, di cui avvantaggiarci noi stessi e la nostra filiera, dovremmo operare in un contesto diverso almeno per quanto riguarda i costi energetici.”
A Pitti Filati è attesa come sempre la clientela internazionale. Per quanto riguarda i mercati di particolare interesse per i filati pratesi, il 2018 è iniziato nel segno della Cina: l’export verso il paese asiatico segna +59,6%; assieme ad Hong Kong (per quanto quest’ultimo in regresso di -9,5%), la Cina vale 35,6 milioni di export, cioè il 16,5% dei 212,4 milioni di euro del totale dell’export del settore nei primi nove mesi dell’anno scorso. Segno negativo invece per paesi UE clienti storici di Prato, come Germania (-17,4%), Spagna (-12,8%), Portogallo (-10,6%) e Francia (-6,6%); il risultato più positivo fra i paesi europei appartiene al Regno Unito con il suo +40,6% (quota del 6% del totale), sul quale incombono le incognite della Brexit. Positive anche Croazia (+5%), Romania (+4,9%), Bulgaria (+32%) e Turchia (+10,1%), paesi che talvolta sono anche luoghi di produzione di marchi esteri, e Corea del sud (+43,2%).





