L’export italiano di macchinari ad alta intensità di Automazione, Creatività e Tecnologia ha raggiunto i 32,1 miliardi di euro, con un potenziale di crescita stimato in 8 miliardi: lo dice la seconda edizione di Ingenium, il rapporto del Centro Studi Confindustria realizzato con il sostegno di Federmacchine, la federazione che rappresenta anche il meccanotessile con Acimit.
I mercati avanzati assorbono 21,6 miliardi di euro, mentre quelli emergenti arrivano a 10,5 miliardi: le Americhe registrano la crescita maggiore, con il Messico primo mercato di sbocco ma il potenziale aggiuntivo si distribuisce piuttosto equamente tra paesi avanzati (4,6 miliardi) ed emergenti (3,3 miliardi).
Negli avanzati, gli Stati Uniti guidano (+760 milioni), seguiti da Germania e Francia (+470 milioni ciascuno). Tra gli emergenti spiccano Cina (+760 milioni), India (+472 milioni) e Turchia (+364 milioni).
Al potenziale dell’export deve corrispondere un aumento della produzione e degli investimenti: imprese e istituzioni devono quindi favorire insieme un irrobustimento generalizzato del sistema produttivo. Da un lato le imprese dovrebbero impegnarsi nel destinare risorse a investimenti produttivi, dall’altro le istituzioni dovrebbero spronare questo processo mitigando gli elementi di incertezza e predisponendo incentivi per tutte le imprese.
Ingenium evidenzia anche come la digitalizzazione rivesta un ruolo cruciale: nel 2023, il mercato italiano dell’intelligenza artificiale è cresciuto però solo del 52%, raggiungendo 760 milioni di euro, con un divario rispetto a USA e Cina significativo. Con solo il 5% degli investimenti rispetto a quelli statunitensi, l’Europa è in ritardo e l’Italia fatica soprattutto tra le PMI: solo il 18% ha avviato progetti di IA contro il 61% delle grandi imprese.
Il rapporto di Federmacchine si è focalizzato anche sugli accordi di libero scambio già conclusi dalla Ue e su quelli da finalizzare, come quello con il Mercosur, sui legami commerciali con i paesi europei e sugli ambiti di collaborazione avanzata con gli Stati Uniti, anche per fronteggiare la concorrenza di blocchi commerciali integrati come il Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP) in Asia.