Università di Pisa

L'impatto della moda sulle biodiversità secondo Planet4B

Intervenire sui processi decisionali per salvaguardare la biodiversità. È questo l’obiettivo del progetto europeo Planet4B, a cui l’Università di Pisa, unico partner italiano su 16 partecipanti, contribuisce con uno studio sul settore moda, che vede coinvolti il Dipartimento di Scienze Politiche e il gruppo di ricerca Pisa Agricultural Economics – PAGE del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali, assieme al CISP – Centro Interdisciplinare Scienza per la Pace.

“L’importanza di questo progetto sta nell’approccio con cui il tema della difesa della biodiversità verrà affrontato – spiega il dottor Daniele Vergamini, ricercatore del gruppo PAGE – ed invece di concertarsi sui processi di produzione e sui prodotti, Planet4B vuole intervenire sul piano delle decisioni politiche e aziendali, ma anche quelle che ciascuno di noi prende, ogni giorno, a livello personale. Questo con l’obiettivo di trovare le leve giuste per innescare un cambiamento nell’impostazione mentale della società, sia sul fronte della produzione che dei consumi, che ci permetta di dar vita, concretamente, a quel nuovo paradigma di sviluppo che da anni viene invocato, ma che ancora non è stato realizzato”.

L’industria tessile e della moda, oggetto dello studio condotto dall’Ateneo pisano, ha un impatto fortissimo sulla biodiversità lungo tutta la sua catena: produzione, lavorazione, uso e fine vita dei prodotti. La produzione di materie prime, come cotone, viscosa, lana, gomma o cuoio, ad esempio, è caratterizzata da un uso intensivo di pesticidi e insetticidi e da un grande consumo di acqua. Un chilo di cotone richiede tra 10.000 e 20.000 litri di acqua per essere prodotto.

La fase di lavorazione è responsabile del 20% dell’inquinamento idrico mondiale e si colloca al quarto posto per produzione di CO2. Forte anche l’impatto dei prodotti tessili e della moda al termine della loro vita, con il 73% dei tessuti che finisce bruciato o in discarica, rilasciando inquinanti che influenzando negativamente la biodiversità e il clima.

“Alla base di questo contributo negativo delle industrie tessili e della moda alla perdita di biodiversità – dicono i ricercatori – le nostre decisioni di produttori e consumatori, per modificare le quali è fondamentale avere una comprensione più profonda di come la società civile guardi alla biodiversità e di quali siano i fattori che influenzano le scelte di ognuno di noi, ad esempio, nell’acquisto di vestiario, borse o accessori”.

Il progetto Planet4B è partito ufficialmente a dicembre ed è finanziato con fondi Horizon 2020: i ricercatori produrranno, entro il 2025, un quadro applicativo transdisciplinare che permetta di sviluppare una governance efficace ed efficiente per la politica, le imprese e la società civile.

Per farlo, si partirà dall’analisi delle esistenti teorie multidisciplinari sul comportamento, dei metodi e delle buone pratiche applicabili ai comportamenti e ai processi decisionali che impattano sulla biodiversità. Allo stesso modo saranno tenuti in grande considerazione fattori spesso trascurati come il genere, la religione, l’etnia, l’età, la cultura o la disabilità, così da capire come questi influenzino le decisioni individuali e di comunità e la loro sostenibilità ambientale.

Successivamente verranno valutati, sugli 11 casi-studio del progetto, i principali metodi di trasformazione comportamentale, dai giochi esperienziali alle attività creative e deliberative, così da testarne l’effettiva applicabilità ed efficacia.

Nella foto un momento del Kick-Off Meeting del progetto, tenutosi ad Halle, in Germania, dal 13 al 15 dicembre.

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