La provincia varesina vende all’estero il 43,3% del valore aggiunto prodotto ma per le imprese c’è il rischio di assistere ad un calo del trend delle esportazioni (-4,3% il dato per le imprese del Varesotto nel primo semestre).
“Non basta piazzare il prodotto, firmare il contratto e spedire la merce. Riuscita a fare tutto questo – spiega Marco Crespi, responsabile dell’Area Finanza e Agevolazioni dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese – per l’azienda c’è sempre un rischio: quello di non essere pagata, o esserlo con tempi biblici, tali da mettere in difficoltà la liquidità”.
Problemi sempre più frequenti sui mercati internazionali riguardano ad esempio il Brasile, dove il 92% dei fornitori registra ritardi nei pagamenti sul 50% del valore delle fatture. Il 90% dei fornitori dell’Asia orientale registra ritardi, ed in Algeria ed Egitto si registrano cali di liquidità. In Iran invece si tratta di verificare ogni volta che il cliente trovato non sia una società partecipata dalla Guardia Rivoluzionaria, pena l’impossibilità di intrattenete più alcun rapporto con gli Stati Uniti che puniscono gli affari con imprese in black list chiudendo le proprie porte.
Come le imprese possono tutelarsi di fronte ad uno scenario così complesso? A cercare di dare delle risposte è stato uno degli incontri del ciclo “Approfondimenti di Finanza – Scuola d’impresa”, organizzato dall’Area Credito ed Agevolazioni dell’Unione Industriali. “In ogni scambio commerciale – spiega Maurizio Perelli, Responsabile Ufficio Trade Finance di Intesa Sanpaolo – il venditore e il compratore presentano esigenze divergenti che risultano amplificate nel commercio internazionale per la distanza geografica e spesso anche culturale che intercorre tra le parti e per una serie di aspetti e rischi specifici. La banca in questo scenario ha il compito di assistere le imprese a livello sia di consulenza (legale o contrattuale), sia di strumenti da mettere a disposizione della sicurezza degli scambi internazionali”.
Tra i più classici c’è ad esempio la garanzia di pagamento, che viene emessa da una banca in favore del venditore. Ci sono poi le assicurazioni del credito o la sua cessione e smobilizzo. O i prodotti specifici che le banche mettono a disposizione delle pmi. A copertura del rischio di cambio ci sono poi i finanziamenti in divisa con cui l’impresa viene sollevata da rischio di oscillazione del cambio tra la data di accensione del finanziamento all’esportazione e quella dell’incasso differito del credito. O ancora, il cambio a termine: al momento della stipula del contratto viene stabilito il cambio di acquisto di una determinata quantità di divisa ad una precisa data futura
Ma l’innovazione finanziaria si applica anche alle transazioni delle imprese con l’estero, mentre un altro esempio sempre più interessante per le imprese che si vogliono coprire dai rischi dell’export è il Buyer’s Credit. Qui l’esportatore stipula un contratto di fornitura con l’importatore che chiede alla stessa banca dell’esportatore un finanziamento a medio termine. La banca dell’esportatore stipula una polizza con Sace per la copertura sui rischi di insolvenza del finanziamento e paga in anticipo il premio assicurativo. A fronte della spedizione della merce la banca accredita all’esportatore il valore relativo e accende il finanziamento alla controparte estera, la quale sarà chiamata a rimborsare a scadenza il finanziamento concesso.
Nella foto: a sinistra Marco Crespi (Univa), a destra Maurizio Perelli (Intesa Sanpaolo)






