Tanti stranieri, come al solito ultimamente, ma qualche italiano in meno a Pitti Filati 97, che va in archivio con oltre 3.300 visitatori, soprattutto compratori e responsabili degli uffici stile delle più importanti case di moda italiane e internazionali.
1.700 gli stranieri (da più di 50 paesi, a rappresentare il 51% del totale), sugli stessi alti livelli rispetto a un anno fa, mentre gli italiani registrano un lieve calo in linea con le previsioni della vigilia. Tra i mercati esteri sono in crescita Francia (+21%), Gran Bretagna (+8,5%), Germania (+6%), Giappone (+15%), e anche Cina, Spagna, Portogallo, Svizzera, Hong Kong.
La classifica dei primi 15 mercati del salone dice invece che in testa c’è la Francia, seguita da Regno Unito, Germania, Stati Uniti, Cina, Svizzera, Giappone, Spagna, Turchia, Portogallo, Paesi Bassi, Cina-Hong Kong, Danimarca, Belgio, Corea del Sud.
“E’ stata una bella e vivace edizione – dice Raffaello Napoleone, amministratore delegato di Pitti Immagine – sulla scia dei risultati delle ultime. Tra gli operatori c’è consapevolezza che l’industria della filatura italiana stia vivendo una fase di assestamento, come chiaro riflesso di una situazione di congiuntura difficile per il comparto moda. Ma al tempo stesso in Fortezza si è registrato un grande dinamismo: la voglia di scoprire filati creativi e innovativi e approfondire i servizi proposti dalle 130 aziende espositrici. Si è respirata dunque anche fiducia, scaturita dal ritrovarsi assieme per dare risposte concrete al mercato. Siamo già al lavoro sulla prossima edizione, far sì che la filatura e il mondo della maglieria internazionali trovino a Pitti Filati soluzioni ancora più efficaci per ridare slancio alle prossime stagioni”.
“I buyer arrivati da oltre 50 paesi esteri – aggiunge Agostino Poletto, direttore generale di Pitti Immagine – hanno trovato tanti stimoli per la loro ricerca, a partire dalle proposte delle filature: stand pieni di creatività non solo nel prodotto ma anche nei layout delle presentazioni, in molti casi vere e proprie esperienze multisensoriali”.