Pitti Uomo sventola la bandiera dell'eccellenza

Nel giorno dell’apertura di Pitti Uomo alla Fortezza da Basso di Firenze arriva la consueta analisi della situazione del mercato della moda maschile italiana.

A farla è il Centro Studi di Confindustria Moda, che parla di un “2019 in territorio positivo”. In attesa della chiusura dei conti per il 2019 il fatturato dovrebbe crescere del 4%, portandosi a 9,9 miliardi di euro. La moda maschile concorre al 18% del turnover generato dalla filiera Tessile-Moda nazionale e al 28,7% della sola parte abbigliamento. Determinante l’export, cresciuto su tassi superiori a quelli evidenziati in corso d’anno dal commercio internazionale.

Particolarmente positive le cifre di confezione e maglieria, che compensano le perdite che arrivano dagli altri segmenti. Nel 2019 è tornato positivo anche il valore della produzione (+1,9% sul 2018). L’export è stimato in crescita del 7,8%, anche se l’ultima parte dell’anno è stata meno brillante. Dal punto di vista geografico la UE ha il segno + sia per l’import (+14,7%) che per l’export (+9,5%); le piazze extra-UE presentano, invece, un’evoluzione pari al +5,8% nel caso dell’import, mentre registrano un incremento del +10,4% nel caso dell’export. Crescite un po’ ovunque tranne che in Russia, che risulta in flessione. Al primo posto il Regno Unito, paese verso il quale l’export cresce del +23,3% rispetto ai corrispondenti nove mesi del 2018. Poi Svizzera, grazie al fatto di essere diventata la piattaforma logistico-commerciale per molti operatori del settore moda, Germania e Francia. La Spagna va più piano (+1,7%).

Fuori Europa bene Stati Uniti (+10,2%), Hong Kong e Cina (+8,5% e +13,9%), Giappone (+18,2%) e Corea del Sud (+15,7%). Per l’import la la Cina torna positiva (+1,3%) e si conferma al primo posto col 16,6% della moda uomo importata in Italia. Dietro c’è il Bangladesh e terza la Romania.

Infine i prodotti: bene la confezione (+8,1%) e la maglieria (+16,7%). In flessione le vendite estere di cravatte (-5,5%), camiceria e abbigliamento in pelle (-0,6% e -0,5%).

Sul mercato interno invece il consumo nel 2019 dovrebbe calare del -3,5%; la moda maschile accusa una flessione del 5,3% rispetto allAutunno/Inverno (chiuso invece, a -2,2%). Confezione (che copre il 55,3% delle vendite) e camiceria calano del 5,6% e 5,4%, la maglieria esterna del 4,1%, le cravatte del 2,5%. Malissimo la confezione in pelle maschile (-17,8%). Le catene monomarca/franchising, arrivate a coprire una fetta del 39,2% del mercato, crescono del 4,5%, GDO e Grandi Superfici calano del  20,6%, i Grandi Magazzini del 4,1%. Male anche il canale digitale: dopo la frenata dell’A/I 2017/18 (-1,4%) cede un altro 9,6%.

Secondo le proiezioni degli analisti dell’IMF, nel 2020 l’economia mondiale crescerà del +3,4%, mentre le rilevazioni campionarie condotte dal Centro Studi di Confindustria Moda su un campione di aziende di moda maschile associate a SMI, indicano in prevalenza una “stabilità” delle condizioni congiunturali sperimentate nel corso del 2019 (80% del campione); il restante 20% teme, invece, un peggioramento.

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