Un calendario che non piace a tutti

Secondo giorno di fiera a Intertextile con gli espositori, italiani ma non solo, un po’ disorientati da un flusso di visitatori difficile da giudicare. Le lunghissime file agli ingressi della fiera farebbero pensare a stand super affollati ma non è quello che accade, almeno non per tutti. E il raffronto con le edizioni precedenti è in alcuni casi deludente.

Uno dei motivi pare essere quello legato al calendario: l’anticipo ad ottobre ha inserito Intertextile, Chic e Ph Value nel mezzo tra la Festa della Luna e la festa nazionale cinese, che prenderà il via il primo giorno di ottobre.

Quindi chi ha aggiunto il venerdì alla settimana di ferie si è già allontanato da Shanghai e dalla regione, abbassando così la media dei visitatori.

“Dopo le tantissime visite degli anni passati – dice Moira Milano (nella foto) del Ricamificio Paolo – abbiamo chiesto ai nostri agenti di venire a darci una mano in fiera ed invece siamo rimasti sorpresi dalla mancanza dei clienti. In ogni caso questa è una fiera alla quale non si può mancare perché il mercato cinese è quello su cui sta puntando tutto il mondo e va seguito con costanza, sia pure con i rischi e le contraddizioni che comporta”.

Interessante il ‘ponte commerciale’ creato dall’azienda lombarda, che ha la produzione tutta in Italia ma che ha firmato un contratto con una società cinese alla quale invia i file del design e le indicazioni dei colori voluti dai clienti per prodotti che poi vengono realizzati a prezzi più bassi. Una fiducia, in tempi di copyright violati, finora ben riposta.

E se a Milano Unica il primo giorno ha fatto registrare un +25% di visite e si dispensano sorrisi, c’è chi ha deciso di uscire dal padiglione italiano per esporre in autonomia e non sembra più propenso a farlo: “Non credo che torneremo a Shanghai – spiega Davide Bianchi di Gipitex – perché negli ultimi anni abbiamo notato un’affluenza in calo. Un po’ è per la crisi, che per i cinesi comunque vuol dire crescere a una cifra anziché a due, e un po’ anche perché ormai in Cina vogliono vendere tutti e loro nel frattempo hanno imparato a produrre da soli cose di qualità”.

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