ReHubs

Alberto Paccanelli Il cammino verso i ReHubs

Il 2030 è più vicino di quanto si pensi e quindi il traguardo che si è posta Euratex a proposito del progetto ReHubs è già in vista.

Un’idea nata nel 2020 che l’associazione sta ulteriormente sviluppando e che è stata presentata anche a Francoforte durante il trittico di fiere di Messe Frankfurt: relatore d’eccezione il presidente di Euratex Albero Paccanelli, alla prima uscita pubblica dopo la sua rielezione.

L’iniziativa ReHubs prevede di perseguire il riciclo fiber-to-fiber per 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti tessili entro il 2030, con la possibile creazione di circa 15.000 nuovi posti di lavoro diretti in Europa e l’aumento della necessità di nearshoring e reshoring della produzione tessile. L’industria del riciclo tessile in Europa potrebbe così produrre vantaggi economici, sociali e ambientali per un valore da 3,5 a 4,5 miliardi di euro.

Intanto “Transform Waste into Feedstock” è già diventato il primo progetto supportato da ReHubs e mira a costruire un primo impianto con una capacità di 50.000 tonnellate entro il 2024.

Per produrre valore sono necessari però investimenti corposi, valutati in 6-7 miliardi in otto anni, per raggiungere un tasso di riciclo fiber-to-fiber compreso tra il 18 e il 26%. Una volta a regime l’industria del riciclo tessile potrebbe diventare proattiva con un turnover totale di 6-8 miliardi di euro.

A Francoforte è stato indicato il percorso da fare nel prossimo futuro: una roadmap europea, un hub pilota basato sulla collaborazione di grandi player e PMI e quattro progetti in fase di lancio, ovvero trasformare i rifiuti tessili in materia prima, aumentare l’adozione di fibre riciclate meccanicamente all’interno della catena del valore, aumentare la capacità di riciclo termomeccanico, risolvendo le sfide tecniche e creare capsule collection con prodotti riciclati post-consumo.

Per il primo progetto “Transform Waste into Feedstock” si concentrerà sullo sviluppo e scalabilità delle tecnologie di selezione. Il gruppo di progetto guidato da Texaid AG mira a costruire un primo impianto da 50.000 tonnellate entro la fine del 2024.

Paccanelli guida una compagine ampia, con 14 associazioni nazionali e un qualificato gruppo di partners ma la regia non sempre è facile.

ReHubs
Alberto Paccanelli alla presentazione dei RuHubs a Francoforte

Il tema del recupero e del riciclo è ormai di pubblico dominio e c’è magari il rischio di fughe in solitaria, come per esempio potrebbe succedere a Prato, che sta già progettando un proprio hub. Come si può restare coesi su un unico obiettivo?
E’ la nostra grande sfida. Raggruppiamo le federazioni nazionali come Sistema Moda Italia. Con Prato abbiamo molte collaborazioni e progetti in corso e quindi è un pezzo importante del progetto. Noi vogliamo creare una collaboration hub che consenta a tutti di essere dentro, di confrontarsi e di condividere idee per fare in modo che anche i progetti locali possano avere possibilità maggiori di diventare realtà.

La vostra iniziativa passa anche da fondi pubblici, come potrebbero essere quelli del PNRR italiano?
Su questo ambito è ancora tutto da vedere. Noi pensiamo ad un Transition Fund europeo che possa aiutarci a far partire il sistema ma non credo che per ora sia compreso nel PNRR. Visto che il progetto è voluto anche dall’Europa col Textile Strategy che impone leggi che vanno nella direzione degli Hubs speriamo che ci sia anche un supporto economico.

Un ReHub può essere visto anche come strategia di guadagno per chi ci investe?
Il ReHub è uno strumento agile che mette in connessione il sistema su progetti privati. Visto che avremo necessità di almeno 200-250 impianti i pogetti hanno la necessità di essere fattibili e di avere un loro ritorno economico. Non dimentichiamoci che se riesco a recuperare materia prima invece di andare a prenderla in Cina, Egitto o Asia ho un beneficio sia economico che ambientale.

Non ci può essere un effetto boomerang sulla filiera, soprattutto per chi queste materie prime le produce?
Sappiamo che quelle naturali potrebbero diventare molto scarse in futuro per la crescita della popolazione e il consumo di fibre. In più diciamo da tempo che per le artificiali non vogliamo più dipendere dal petrolio, quindi più recuperiamo meglio è.

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