Aumenta il numero di aziende che si impegnano a produrre secondo lo standard Detox di Greenpeace: dieci le nuove arrivate, molte protagoniste di primo piano del tessile italiano.
La lista comprende infatti Beste (tintoria e finissaggio tessuti), Ongetta (filatura), Dienpi (produttore di etichette), Maglificio Ripa (tessitura), Monticolor (filatura), Imbotex (produttore di imbottiture), Alesilk (tessitura), Italtextil Sarata (filatura) che produce in Romaia, Filmar (filatura) e la consociata Filmar Nile (filatura/nobilitazione) che produce in Egitto; si aggiungono alle 27 aziende del distretto tessile di Prato e ai 39 marchi internazionali che si sono impegnati per una produzione priva di sostanze tossiche.
Queste aziende, come richiesto dalla campagna Detox, hanno già rinunciato all’utilizzo di numerosi gruppi di sostanze chimiche pericolose per l’ambiente e per la salute e hanno definito precise scadenze per l’eliminazione di altri gruppi di sostanze tossiche.
“Le nuove adesioni confermano, ancora una volta, che Detox è già lo standard per rivoluzionare uno dei settori produttivi più inquinanti al mondo e rappresentano la risposta migliore alle recenti critiche pervenute dal settore chimico” afferma Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace.
Due organizzazioni internazionali che raggruppano i principali produttori di sostanze chimiche utilizzate nel settore tessile, ETAD (Ecological and Toxicological Association of Dyes and Organic Pigments) e TEGEWA (Textilhilfsmittel Gerbstoffe and Waschrohstoffe), avevano definito la sfida “scarichi zero” delle sostanze tossiche, prevista dal protocollo Detox di Greenpeace, come difficilmente raggiungibile in base alle tecnologie attualmente disponibili. Secondo loro i marchi, sottoscrivendo Detox, sarebbero incapaci di mantenere gli impegni presi. Greenpeace ovviamente ribatte che le soluzioni tecniche esistono e alcune aziende hanno già cominciato ad applicarle: “Gli standard dettati dalla campagna Detox di Greenpeace sono ormai la norma del settore – conclude Ungherese – e gli argomenti del settore chimico sono solo delle scuse, poco credibili, dietro cui nascondersi”.