La filatura italiana si presenta al via di Pitti Filati con un quadro settoriale in cui dominano i chiaroscuri: per un 2017 in recupero rispetto al 2016 c’è una situazione di stabilità senza picchi simile a quella del 2015. A dirlo è il Centro Studi di Confindustria Moda, che ha registrato un fatturato globale simile al 2016, poco più di 2,8 miliardi di euro, meno quindi delle stime rilasciate a gennaio in occasione della precedente edizione di Pitti Filati, quando era atteso un +0,8.
La filatura laniera si conferma il comparto preponderante (82,7% del turnover settoriale), mentre il filato di cotone copre il 14,8%, seguito dal filato liniero al 2,5%. La crescita, sia pure limitata, è arrivata per lana (+0,3%) e, dopo un biennio negativo, per il cotone (+1,1%). Male invece il lino.
L’export ha limitato i danni del 2016 passando da -4,9% a -0,4%. L’andamento negativo rimane per i filati misti chimico/lana (-4,8%), per i filati destinati all’aguglieria (-10,7%) e per i filati di lino (-8,2%). Crescono invece le esportazioni di filati lanieri pettinati (+1,9%) e cardati (+2,7%), così come dei filati di cotone (+1,5%). L’import cala rispetto al ritmo di crescita messo a segno nel 2016 (+3,8%) ma resta a +0,6%.
Alla fine il saldo commerciale della filatura italiana, positivo nel periodo 2012-2015, resta in deficit per 62 milioni di euro. Il surplus con l’estero è, del resto, circoscritto ai filati cardati per 146 milioni di euro e ai filati per aguglieria, in avanzo per 56 milioni.
Il 2018 pare essersi aperto con numeri migliori e con un buon export (+5,5% rispetto al medesimo periodo del 2017). Bene i filati pettinati (+15,2%), i cardati (+1,0%) e i filati per aguglieria (+5,7%). Per i cardati il primo mercato (22,9%) è la Croazia, per i filati pettinati resta al primo posto Hong Kong, per i misti chimico-lana l’Austria (+9,8%), per il cotone la Germania.






