C.L.A.S.S., acronimo di Creativity Lifestyle and Sustainable Synergy. Data di nascita: 2007, luogo Treviglio, provincia di Bergamo (non inganni il nome in inglese), luogo di residenza Milano.
La fredda scheda anagrafica si ferma qui, il resto è un vivace e caldo resoconto affidato alle parole di Giusy Bettoni, creatrice e anima di questa piattaforma che offre un sicuro riparo a chi fa della sostenibilità nei processi di produzione un cavallo di battaglia ma magari non trova vetrine o ribalte come meriterebbe o ha difficoltà a veicolare un messaggio ancora non del tutto assimilato dal mercato.
Giusy Bettoni, bergamasca, da 33 anni nel mondo del tessile, è una delle principali esperte in materia e si muove freneticamente tra molteplici ruoli: passa dall’essere mediatrice di dibattiti sul tema a Première Vision a fare da (non certo semplice) addetta stampa ad aziende presenti a ITMA, il tutto coordinando un ufficio cresciuto proporzionalmente a Class.
Il vostro ruolo è cambiato dal 2007 a oggi? Vi adattate voi alle aziende o succede il contrario? Cercate o venite cercati?
In questi anni è cambiato tutto in meglio. Nel 2007 eravamo una startup, oggi abbiamo occhi e orecchie attente e allenate, prima eravamo una piattaforma che interagiva con tutti, oggi abbiamo un target più mirato e nel 2015 ci siamo aperti anche all’educational con workshop per addetti ai lavori che possono condividere informazioni. Siamo un punto di riferimento per le consulenze alle aziende che vogliono aggiungere alla sostenibilità anche innovazione e comunicazione. Metà le cerchiamo noi, l’altra metà ci cerca; tre quarti delle aziende che seguiamo sono italiane, un quarto giapponesi ed in comune hanno tutte un elevato sviluppo del prodotto ma poca e nulla comunicazione all’esterno. Troviamo aziende con prodotti stupendi ma sconosciuti. Mi è capitato personalmente di avere aziende a pochi chilometri da casa che facevano prodotti che ho scoperto solo dopo qualche anno.
Il World Tour, con tappe in tre continenti, vi ha reso internazionali. Dove avete più presa?
Come detto in Giappone, ma negli ultimi due anni gli Stati Uniti sono stati molto ricettivi e anche noi ci siamo focalizzati su quel mercato.
Come si muove la struttura di Class?
Abbiamo iniziato con showroom in più parti del mondo ma questo è un approccio non più contemporaneo perché c’è già chi offre questo servizio di vetrina, ovvero le fiere. Ora guardiamo più al dialogo e ad incontri più frequenti, anche di incoming, perché abbiamo visto che molti preferiscono venire a Milano, da noi, piuttosto che aspettarci nei loro Paesi. In più andiamo a vedere dove nascono i prodotti, talvolta anche a pochi chilometri dalla sede, e notiamo che per l’innovazione non è strettamente necessario il macchinario di ultimo modello se mancano creatività, fantasia e responsabilità.
Ci sono prodotti che ti hanno colpita di più? Tessuti o filati stupefacenti ammirati dal 2007 a oggi? Una collaborazione con un’azienda in particolare…
Nominandoli farei torto a qualcuno, anche perché sono gli stilisti che vengono da noi e hanno grande possibilità di scelta che determinano poi le collaborazioni. Ho visto trasformazioni di tutti i tipi in filati e tessuti di cotone, lana, cachemire… Sicuramente nella nostra storia ha un posto di primo piano il Newlife di Sinterama di 4-5 anni fa che ha aperto una strada che ci ha portato a toccare tante eccellenze fino all’eco stretch giapponese di adesso. Posso dire che in Italia ci sono aree che lavorano bene nel campo della sostenibilità: Prato sicuramente, Biella in alcune sue parti, per esempio.
A livello istituzionale c’è un tavolo di lavoro che riunisce, tra gli altri, Sistema Moda Italia, la Camera Nazionale della Moda e l’associazione Tessile&Salute: il manifesto già presentato da CNMI si amplia e affronterà il tema della sostenibilità e della sicurezza in più ambiti, compresi i luoghi di lavoro e le materie prime. Come giudichi il lavoro?
Non sono in grado di valutarlo perché non ne ho le basi ma mi fa piacere pensare che anche gli stilisti abbiamo iniziato a parlare del tema e a fare qualcosa, perché bisogna sfatare il tabù che sostenibile non è bello, di lusso o ricercato ma solo basico e piatto. E’ un grande passo che nessuno aveva mai fatto quello di dare regole comuni nel tessile, che siano nella chimica piuttosto che nella produzione, nei luoghi di lavoro o nelle condizioni dei lavoratori.
Il 2020 è in più settori un traguardo per le politiche ambientali: emissioni, rifiuti differenziati… Come sarà l’ecosostenibilità tra quattro anni?
Per quello che vede c’è grande impegno, vedo industrie che hanno voglia di fare, che hanno un atteggiamento positivo nei confronti dei consumatori. C’è stata una forte accelerazione da metà 2014 in poi ma l’importante è continuare a sollecitare perché questo messaggio spesso trova porte chiuse.
Più di tre decenni nel tessile e un impegno quotidiano su tanti fronti. C’è una Giusy Bettoni al di fuori di Class, degli showroom e delle fiere?
Sì, assolutamente, anche se lavoro in un campo che mi piace trovo il tempo per altri interessi, addirittura per fare anche corsi, sempre comunque legati al mio lavoro, ovvero su come comunicare in maniera sempre diversa e sempre più chiaro. E’ anche un modo per coltivare i miei hobby, che riguardano tutto quello che appartiene al mondo della comunicazione digitale. Esco dal ‘seminato’ con l’interesse per la buona cucina, sia quella locale che quella internazionale quando vado fuori Italia per lavoro.