Florida

L'effetto Trump per i varesini che operano negli Usa

Un convegno organizzato dall’Unione Industriali della Provincia di Varese mette in luce gli effetti delle riforme americane su imprese e lavoratori italiani. Questo focus è stato molto importante per le imprese di Varese, per le quali gli Stati Uniti sono il quarto mercato di riferimento, importante soprattutto per il momento congiunturale, dato che l’export varesino nel primo trimestre 2018 segna un calo.

Aeromobili, veicoli spaziali e relativi dispositivi in testa, ma anche macchinari e prodotti meccanici, siderurgici, plastici, medici, alimentari, tessili: è lunga e diversificata la lista dei beni made in Varese esportati negli Stati Uniti, quarto mercato di riferimento dopo Germania, Francia e Gran Bretagna, e primo extra-Europeo. I dati provvisori 2018 elaborati dall’Ufficio Studi dell’Unione degli Industriali mettono in luce che nel primo trimestre 2018, Varese ha esportato circa 122 milioni di euro verso gli Usa, un valore in calo del 3% rispetto allo stesso periodo del 2017, tuttavia con un saldo commerciale stabile (+0,5%) dovuto alla repentina discesa sul fronte delle importazioni.

In particolare, è l’aerospazio varesino a registrare nei primi tre mesi dell’anno una buona performance sfiorando i 21 milioni di euro esportati negli Stati Uniti, rispetto agli 11 milioni dello stesso periodo 2017 (+86%). Ad andar bene sono anche gli altri due comparti varesini maggiormente presenti sul mercato a stelle e strisce: macchine per impieghi speciali (+3,6%) e prodotti in metallo (+17,3%). Con il segno più anche le forniture mediche (+12,1%), gli altri prodotti tessili (+1,7%) e le bevande (+2,6%). In discesa, invece, l’export delle materie plastiche (-27%), delle macchine di impiego generale (-13,6%) e gli altri prodotti alimentati (-52%).

In questo quadro è evidentemente fondamentale per le imprese varesine essere informate e aggiornate sulle rilevanti riforme attuate dalla presidenza americana. La nuova politica della Casa Bianca, infatti, investe in maniera stringente fisco, commercio e immigrazione. Lecito parlare di “effetto Trump”: tema di grande attualità per il largo pubblico. Meno note, invece, le conseguenze pratiche per il mondo delle imprese e per i lavoratori che operano negli e con gli Usa.

È stato questo il focus del convegno “USA – Gli effetti delle riforme Trump in materia fiscale, di immigrazione e di commercio con Paesi esteri: vantaggi e rischi per imprese e lavoratori italiani che operano negli Stati Uniti d’America”, organizzato dall’Area Internazionalizzazione e Rapporti con l’estero Unione degli Industriali della Provincia di Varese.

Tra le principali novità del nuovo assetto dato dal Presidente Trump, la recente legge di riforma fiscale statunitense, la più importante degli ultimi 30 anni; il nuovo parametro di rilascio dei Visti, basato sul merito dei soggetti, con risvolti anche per coloro che si devono recare negli USA per affari; le politiche protezionistiche che hanno portato all’attivazione di importanti barriere tariffarie all’importazione dei beni negli USA; l’evoluzione dei rapporti con Paesi partner e Stati considerati dagli USA ostili (in primis Iran), con la reintroduzione di sanzioni in grado di colpire anche le imprese non statunitensi. Scopo del convegno è dunque stato presentare in modo quanto più approfondito e ampio possibile i diversi aspetti della politica messa in atto dal Presidente con attenzione all’evoluzione dello scenario globale.

Altro aspetto su cui concentrarsi bene, prima di fare un investimento negli States, è quello dei livelli di tassazione. L’apparenza a volte inganna. A mettere in allerta le imprese varesine è stato Filiberto Calascibetta, commercialista e partner responsabile dell’Italian Practice di Rödl & Partner USA: “È vero che l’aliquota dell’imposta federale sui redditi è scesa in maniera permanente e secca al 21%, ma un’impresa deve anche tenere conto di tutte quelle che sono le imposte stabilite da ogni singolo Stato”. Un’attenzione inevitabile in un Paese federale quali sono gli Usa. Ciò vale non solo quando si decide di aprire una filiale Oltreoceano. Basta anche essere alle prese come una commessa, tipo l’installazione di un impianto o di un macchinario: “Anche in questo caso – precisa l’esperto – bisogna constatare se secondo le regole dello Stato in cui si sta lavorando l’operazione non comporti una stabile organizzazione che produce reddito, con relativa tassazione”.

Le imprese presenti al convegno hanno avuto l’occasione di approfondire i singoli temi e sciogliere dubbi specifici durante incontri riservati “one-to-one” con i consulenti presenti.

Condividi articolo