Una delle domande che più viene posta agli analisti, specie dai titolari di aziende di piccole e medie dimensioni, è quella relativa alla scissione immobiliare. E’ cioè auspicabile che un’azienda tolga dal proprio bilancio immobili, ma anche partecipazioni, non core business e dunque non relative alla specifica attività svolta?
Non è facile rispondere, in via di principio se un’azienda è sana, lo è con gli immobili e lo è anche senza. Certo è che spesso ci troviamo ad analizzare bilanci di società operative con un parco immobiliare di dimensioni tali da porsi davvero la domanda se sia un’azienda immobiliare. Il livello di immobilizzazioni è spesso così elevato da avere effetto negativo sui RATIOS DI STRUTTURA e quindi penalizzare il grado di solvibilità aziendale per debole capitalizzazione e rapporto fonti/impieghi sbilanciato.
Qualche anno fa è stata esemplificativa la riorganizzazione del Lanificio Mario Bellucci, primaria e storica azienda del distretto di Prato. Dalla scissione del patrimonio immobiliare (circa 13 milioni di euro) sono nate due società, la Bellucci Immobiliare e la Bellucci Costruzioni, con contestuale trasferimento di 10 milioni di capitali e 5 milioni di debiti. L’azienda operativa, oggetto di scissione e sgravata dagli immobili e da parte dei debiti finanziari, registrò un miglioramento dello score di 3-4 notch che significa minor rischio di insolvenza. L’operazione portò non solo miglioramento degli equilibri patrimoniali ma anche dei RATIOS PROFITABILITY, infatti l’effetto sul conto economico fu particolarmente positivo a causa della riduzione degli ammortamenti e degli oneri finanziari.
Un’azienda concentrata sul proprio core business, snella e con alta profittabilità ha enormi vantaggi, a partire dal pricing bancario, fino all’appeal di M&A (operazioni di acquisto e fusione) per arrivare a facilitare il raggiungimento di forme alternativo di capitali (argomento peraltro recentemente sviluppato durante l’undicesimo Forum BGSM Finanza d’impresa tenutosi al Palazzo dell’Industria di Prato). Dal punto di vista del pricing bancario il beneficio è chiaro: un rating migliore comporta tassi più bassi. Mai come nel corso del 2017 abbiamo assistito ad un netta diversità di scenario tra aziende che riescono a reperire risorse finanziarie a tasso inferiore allo 0,5% ed aziende che invece non scontano ad un tasso inferiore al 4%. Come possiamo pensare che, in un mercato competitivo come quello attuale, le aziende con alto livello di rischio possano mantenere fatturato, margini e profittabilità.
Le ultime operazioni di M&A ci hanno invece presentato scenari di vario genere ma in una cosa sembra che ci sia uniformità: l’appeal delle aziende che non hanno immobilizzazioni pesanti ma soprattutto che non hanno immobili no core business è maggiore delle altre. La Drogheria & Alimentari SpA, oggi parte integrante del gruppo McCormick, ha scisso interamente il patrimonio immobiliare ritenuto non appetibile dagli acquirenti americani. Il patrimonio fu scisso prima dell’operazione di acquisizione e trasferito a Le Bontà srl, rimasta di proprietà dei vecchi soci.
Anche riguardo il reperimento di forme alternative di capitale è interessante vedere come una miglior valutazione della solvibilità dell’azienda possa effettivamente incrementare le possibilità di fruibilità. Gli scenari in questo campo sono davvero molteplici, dal crowdfunding alla quotazione all’AIM, dal progetto Elite di Borsa Italiana alle Fintech. Attraverso la raccolta dei PIR ci sono miliardi di Euro che, per la normativa legata alla detassazione, devono essere impiegati per almeno il 21% sulle aziende MID CAP, che non rientrano cioè nelle maggiori capitalizzazioni. Stiamo parlando di cifre considerevoli: nel 2017 i PIR hanno raccolto 11 miliardi di euro a fronte degli 1,8 miliardi previsti, nel 2021 sono previsti 60 miliardi di Euro di raccolta. Si aprono dunque scenari molto interessanti per il supporto finanziario delle aziende a media capitalizzazione.
Una cosa è certa: oggi, ed ancora più sugli scenari di Basilea IV (in vigore dal 2022), il RATING rappresenta sempre più un elemento centrale di valutazione e continuità aziendale e mai come oggi le aziende dovrebbero dotarsi di un manager interno in grado di valutare, analizzare e predisporre adeguati equilibri di bilanci. Da qui si parte per accedere alle forme di capitale alternativo e, come abbiamo visto nella stessa piazza di Prato, molte sono le aziende che nel bilancio 2017 hanno approntato profondi cambiamenti.
Francesco Bianchi, Analista Credito Senior