Temperature non propriamente londinesi e spazi del Business Design Centre completamente esauriti per The London Textile Fair, che stamani è iniziata sotto un cielo sì un po’ grigio ma con oltre 25 gradi sul termometro a riscaldare la metropoli britannica.
Già dalle 9 i corridoi del centro espositivo di Islington si sono riempiti di visitatori e buyer inviati dai brand inglesi: all’ingresso subito il pannello dei produttori di tessuti francesi, poi subito lo spazio tendenze e, sulla balconata, i tessitori turchi che, supportati dal loro governo, hanno rafforzato la presenza in fiera e hanno distribuito borse in tela bianconere per pubblicizzare l’associazione.
Una concorrenza forte per le aziende italiane, comunque ancora le più presenti a presidiare la grande sala centrale e parte delle balconate: “Magari avessimo noi il loro supporto per partecipare alle fiere – dice Lucia Dato di Comotex (nella foto a lato), una delle nove ditte italiane presenti per la prima volta alla fiera londinese – ed invece ci dobbiamo arrangiare. Noi siamo qui perchè, pur avendo già alcuni clienti fidelizzati, vogliamo vedere se questo mercato può evolversi. Le differenze di prezzo tra i nostri prodotti e quelli stranieri è ancora determinante ma alla fine chi pensa di risparmiare poi perde soldi e tempo nel cercare di risolvere problemi che la nostra qualità e la nostra esperienza non danno. E’ la ricerca ad allontanarci della fascia più bassa e a differenziarci dagli altri”.
Avvio con ritmi consueti per Faisa, che ha mandato a Londra Luciano Biagiotti, mentre Luca e Daniele Saccenti, i titolari e figli del patron Roberto, si dividono tra View a Monaco e una foera di rappresentanti a Parigi, in questo vortice di saloni che inizia a maggio e non si ferma fino a ottobre: “Dopo una Milano Unica positiva – dice Biagiotti – siamo anche qui perchè la fiera resta molto viva e interessante. Per ora sono venuti solo inglesi ma in genere si aggiunge qualche belga e rispetto a Milano Unica siamo riusciti ad aggiungere anche una decina di articoli nuovi alla collezione. In ogni caso, qualità o meno, la prima domanda di chi si siede al tavolo è sempre sul prezzo; effetti della Brexit qui non ne vediamo ma quelli sull’avvento dell’euro sì e mi pare che siano stati poco positivi per noi, perchè la gente ha sempre meno soldi in tasca”.
Su una delle balconate c’è anche Thermore, che a Londra è venuta per Texfusion e rimane per Pure Origin, alla seconda edizione dopo un febbraio non esaltante: “Il mercato britannico non è nuovo per noi – dicono allo stand – ma ci stiamo investendo con decisione solo da pochi anni e vogliamo capire se la strada intrapresa è giusta o no. In fiera cerchiamo di consolidare i rapporti con i clienti fuori dalla loro realtà aziendale ma possiamo anche accogliere i potenziali clienti più interessati, anche se abbiamo dei minimi di ordinazione. Comunque il capospalla imbottito bene o male lo stanno facendo in tanti e quindi la nostra collezione, basata soprattutto su Ecodown Fibers, è adatta anche la London Textile Fair, che vede nostri articoli anche nello spazio Sustainable Angle”.