All’estero – in Cina, ma anche in Bangladesh, India, Vietnam… – ci sono grandi opportunità per il Made in Italy, che era e resta un vantaggio competitivo sottostimato e peggio utilizzato.
È un’asserzione che mi sento di fare, avendo contribuito a far nascere due laboratori a Hangzhou e Dhaka diramazione di quel Brachi Testing Services accreditato oggi tra le prime realtà italiane nel settore delle analisi e prove tecniche per il settore del tessile e della moda.
Le partnership strategiche strette in altri paesi che pure stanno vivendo una fase importante di sviluppo, grazie alla capacità di attrarre e valorizzare gli investimenti stranieri, mi porta a incoraggiare le aziende italiane a imitare il nostro esempio. Non si tratta di lasciare l’Italia o relegarla al ruolo di Cenerentola, al contrario. Le imprese, oggi, operano in un mercato che non ha più confini e che limita fortemente chi si accontenta di restare entro la propria zona di comfort. Presenziare certi paesi risulta invece premiante sul piano del business e della reputazione, perché mette in moto relazioni e meccanismi i cui effetti si misurano anche in Italia. Alcuni clienti, per dirla altrimenti, si acquisiscono per la vocazione internazionale che riesci ad esprimere e che non consiste certo nel fare del proprio distretto di origine il centro unico dell’universo.
Affacciarsi con successo oltre confine dipende ovviamente da alcune condizioni e voglio citarne un paio tra le più rilevanti. La prima attiene alle modalità. L’esperienza con Brachi mi fa dire che la consulenza “mordi e fuggi” alla lunga non paga: trasferire le conoscenze e le competenze proprie del Made in Italy limitatamente a un progetto, a una commessa… si traduce in un business magari anche interessante, ma senza prospettive. Tutt’altro respiro hanno gli investimenti che comportano l’acquisizione di quote societarie, per cui sarai percepito non più come un consulente, appunto, ma come un partner stabile, qualcuno con cui fare impresa nel tempo.
La seconda condizione è la capacità di comprendere la mentalità del paese in cui entri, interpretandone norme, usi e costumi per accreditarsi nel minore tempo possibile. È un ostacolo all’ingresso che scoraggia molte imprese italiane, complice anche la mancanza in diversi paesi di una sede locale della Camera di Commercio Italiana o di sportelli di informazione e supporto. Un aiuto, in questi casi, può venire da aziende che questa esperienza l’hanno già vissuta e sono dunque in possesso del necessario bagaglio di conoscenze e di relazioni utili in loco.
Ecco, da questo punto di vista Brachi Testing Services può agire da facilitatore di approdo. Alla base, nessun tornaconto particolare. Solo l’orgoglio di vedere le imprese italiane guadagnare il ruolo da protagoniste per cui sembrerebbero nate, ma che troppo spesso – per l’invadenza o la latitanza delle istituzioni, oltre che per difetto di coraggio – non riescono a interpretare in modo credibile.
di Giulio Lombardo, direttore commerciale di Brachi Testing Services