Ambiente

Moda e tessile alla ricerca del green

Una recente ricerca di Economist Intelligence Unit per U.S. Cotton Trust Protocol ha messo in mostra che, nonostante il Covid-19, i top manager delle maggiori industrie di produzione e vendita di moda e delle aziende tessili considerano la sostenibilità un obiettivo primario.

Il 70% concorda sul fatto che “il fast fashion, accessibile è sostenibile e realizzabile” e considera la crisi come un’opportunità per rafforzare gli sforzi. Ma nonostante la validità dei dati che qualificano lo sforzo degli operatori del settore verso una visione “green”, rimane la necessità di disporre di dati di migliore qualità al fine di supportare in maniera più efficace il processo di rinnovamento avviato.

Così il 73% degli intervistati concorda sul fatto che gli standard e le certificazioni globali sono un buon meccanismo per misurare ed evidenziare il livello di sostenibilità di un marchio ai consumatori.

Tra gli intervistati brand come Adidas, H&M e Puma. La maggior parte dei top manager della moda, della vendita al dettaglio e del tessile intervistati (60%), ha individuato la svolta sostenibile come uno dei due principali obiettivi strategici per la propria attività, seconda solo al miglioramento della soddisfazione dei clienti (primo classificato col 64%).

Per raggiungere l’obiettivo stanno introducendo misure di sostenibilità in tutta la filiera produttiva: materie prime prodotte in modo sostenibile (65%), economia circolare e sulla riduzione dei gas serra (51% ciascuno) e nuove tecnologie come la stampa 3D e la blockchain (41%).

A mancare per ora è la quantità e l’affidabilità dei dati, ad esempio sulle pratiche di sostenibilità dei fornitori, sui diritti dei lavoratori e sulla salute e sicurezza sul lavoro nella catena di fornitura.

Dall’indagine risulta anche che moda, commercio al dettaglio e settore tessile non possono guidare il cambiamento singolarmente: è necessaria la collaborazione.

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