Entra nel vivo la terza edizione del progetto “Nei nostri panni”: dopo il successo degli anni passati con cenciaioli e filatori ha allargato i suoi orizzonti rivolgendosi agli artigiani, favorendo anche l’inclusione femminile.
A illustrare le novità l’assessore di Prato all’Integrazione Sandro Malucchi, Niccolò Cipriani di Rifò, azienda capofila dell’iniziativa, Renza Sanesi, Nicoletta Ulivi e Fabiana Carosella della Fondazione Opera Santa Rita, Claudio Calabresi di Nova Fides, Filippo Giagnoni di Confindustria Toscana Nord e dell’azienda Fartex e i rappresentanti di CNA e di Cardato Riciclato pratese.
Il progetto si propone di formare e inserire nelle aziende soggetti vulnerabili, in particolare vittime o potenziali vittime di sfruttamento lavorativo. L’obiettivo è insegnare loro un mestiere e inserire nelle imprese del territorio personale qualificato e motivato che si occupi di elaborare materie prime tessili e che possa sostituire professionalità tipiche che stanno scomparendo. Sono stati infatti selezionati sette tirocinanti, per i mestieri di tessitore e rammagliatrice, provenienti da Costa d’Avorio, Nigeria, Burkina Faso, Pakistan, Mali, India e Ucraina.
I sette sono stati inseriti in azienda e al termine si potrà concretizzare la proposta di assunzione con particolari profili professionali: cinque gli assunti l’anno scorso. I tirocinanti seguono un programma di formazione aziendale obbligatoria, un modulo sul contesto lavorativo e un corso di lingua italiana incentrato sul linguaggio tecnico di settore utilizzato in azienda.
“Ci sono tre novità – ha spiegato Cipriani – e la prima è che c’è stato un bilanciamento di genere quindi vengono inserite nel progetto anche tre donne. La seconda riguarda l’ampliamento delle professioni: lavoreremo anche con le tessiture e i maglifici mentre gli anni scorsi abbiamo lavorato con le filature e le aziende del settore dei cenciaioli. Terza novità è che abbiamo coperto con il rimborso anche il periodo di formazione. Stiamo inoltre lavorando al social housing per cercare di supportare i partecipanti nella ricerca di una dimora così una volta ottenuto un contratto di lavoro hanno la possibilità di uscire dai centri di accoglienza”.