Botta e risposta dai toni accesi tra Confindustria Toscana Nord e l’assessore regionale all’ambiente Federica Fratoni sul tema rifiuti e infrastrutture per smaltirli.
Nel fine settimana la nota degli industriali, per chiedere impianti in grado di smaltire e recuperare dal punto di vista energetico i rifiuti: un intervento da parte dei rappresentanti dei tre territori di Confindustria Toscana Nord che ha riguardato tessile, cartario, edilizia e settore lapideo, tutti accomunati dallo stesso problema.
Con le elezioni regionali alla porta la questione diventa scottante. Gli industriali chiedono il riutilizzo degli scarti di lavorazione e la riduzione del volume dei rifiuti, riutilizzando gli scarti ed esigendo impianti per il loro smaltimento. Quindi termovalorizzatori, discariche, e norme nuove. Tutte cose che, dicono gli industriali “all’orizzonte non si vedono”.
Gli scarti dei quattro settori nell’area Lucca-Pistoia-Prato ammontano a 50.000 tonnellate per il tessile-abbigliamento: “Produciamo scarti leggeri ma di volume consistente, residui delle fasi di pettinatura, filatura, tessitura, rifinizione e ritagli di confezione – spiega Francesco Marini, vicepresidente di Confindustria Toscana Nord ed imprenditore tessile – e dal punto di vista tecnico una parte consistente di questi possono essere riutilizzati: non solo la lana ma anche altre fibre. Rimangono scogli normativi che rendono difficile e oneroso sottrarre alla classificazione come rifiuti sia gli scarti di lavorazione sia gli abiti usati. Qualche passo avanti si è fatto col ‘Patto per il tessile’ sottoscritto fra categorie economiche pratesi e Regione Toscana, Comune di Prato e Alia a gennaio, ma ancora siamo ben lontani dall’obiettivo. Siamo nel pieno paradosso: per l’economia circolare nella moda ci sono competenze e interesse delle imprese ma sono le leggi a remare contro. E i rifiuti tessili, che comunque anche con le migliori prassi di recupero rimarrebbero in quantità significativa, dove devono andare? Le società specializzate, data l’estrema scarsità di siti toscani in grado di ricevere rifiuti tessili, li portano in altre regioni o all’estero, con forti aggravi di costi. Una situazione non più sostenibile. I decisori pubblici nazionali e regionali non possono più sottrarsi all’assunzione di provvedimenti che risolvano questi problemi.”
La risposta dell’assessore Fratoni (nella foto a lato) è stata chiara: “termovalorizzatori e discariche non sono la soluzione”, citando come modello di riferimento l’iter già percorso per il distretto conciario e il comparto del tessile.
“Come sa anche Confindustria la chiusura dei cicli di produzione, compreso lo smaltimento degli scarti di lavorazione, spetta prima di tutto alle imprese, visto che si tratta di rifiuti speciali. Pensare a termovalorizzatori e discariche è una posizione di retroguardia. L’economia circolare è fatta di impianti industriali che per lo più stanno fuori dalla pianificazione pubblica e dal concorso della tariffa sui rifiuti. Per questo il ruolo delle imprese è essenziale”.
Fratoni ricorda come la normativa del settore sia esclusivamente di livello nazionale: “Chiedo più coraggio nel recepire anche a livello italiano la normativa estremamente moderna che in sede europea è stata predisposta ed approvata sull’economia circolare”.
Una replica ritenuta dagli industriali “sconcertante“. “Il nostro appello per una Toscana che voglia e sappia gestire con civiltà ed efficienza gli scarti di lavorazione – scrivono a CTN in una nuova nota – viene distorto attribuendoci sbrigativamente la convinzione che basterebbe avere termovalorizzatori e discariche per vedere risolto il problema. Noi abbiamo insistito sulla necessità che i principi dell’economia circolare siano applicati in tutti i loro aspetti: regole e procedure, e riutilizzo di quello che non si può recuperare per produrre energia in impianti di prossimità. L’assessore Fratoni si concentra sugli impianti di smaltimento perché evidentemente la lingua batte dove il dente duole, o quantomeno dove duole di più. All’importanza degli impianti di smaltimento credeva fino a qualche tempo fa anche la stessa amministrazione regionale, poi è passata la linea ‘se voi privati volete gli impianti fateveli, i rifiuti delle attività produttive sono affari vostri’. No, purtroppo non sono solo affari nostri. I privati hanno le mani legate, senza una pianificazione regionale sulle aree che possano ospitare gli impianti, sulle regole per la loro realizzazione e, possibilmente, anche su ragionamenti di sistema di dimensione più vasta che comprendano anche i rifiuti urbani e quindi il livello pubblico. Dire ‘fatevi gli impianti’ senza creare un contesto che consenta la loro realizzazione significa solo lavarsene le mani e assistere, evidentemente con indifferenza o compiacimento, all’indirivieni dei tir che portano i rifiuti toscani in giro per l’Italia e l’Europa”.