E’ un’atmosfera caratterizzata da speranze e incertezze, che si mischiano nei commenti tra gli addetti ai lavori, quella che si respira a Pitti Filati. I timori per un 2024 che si presenta con la pesante eredità ricevuta dagli ultimi mesi del 2023 e con un presente in cui, come se ce ne fossero stati pochi nel recente passato, si palesano problemi esterni al settore, vedi tensione nel Canale di Suez.
Se da un lato ci si occupa dei clienti, arrivati a Firenze in buon numero nel primo giorno di salone nonostante qualche disagio per lo sciopero dei treni soprattutto al nord Italia, dall’altro gli imprenditori non possono non rilevare una situazione di stallo sui mercati che solo nelle ultime settimana ha dato qualche segno di cedimento a vantaggio di ordini e produzione.
Timori e dubbi che però non frenano la fantasia e la ricerca, a giudicare dal numero di nuovi prodotti presentati in fiera e degli allestimenti degli stand, anche da parte di chi fino a poche settimane fa lottava per allontanare fango e muffe dai capannoni. Il post alluvione viene infatti visto come momento di ripartenza e non di stop da parte delle aziende che ne sono state colpite e che stanno tentando di riportare l’attività al 100%.
Sulla questione del Canale di Suez si esprime Alberto Enoch, presidente del Consorzio Promozione Filati: “La situazione non ci aiuta – dice – ed è effettivamente un grande problema, di costi e di tempistiche. Però tenendo conto di chi spedisce gran parte del materiale che transita da Suez mi chiedo come mai la Cina, che è amica dell’Iran, non sia ancora intervenuta per cercare una mediazione, visto che la merce che deve arrivare in Europa parte proprio da lì”.
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