Saranno 26, ovvero un terzo del totale delle filature in fiera, le aziende pratesi che da domani prenderanno parte a Pitti Filati alla Fortezza da Basso di Firenze.
Una trasferta di pochi chilometri per la fiera più importante dell’anno, dove le filature saranno anche accompagnate da maglifici, imprese meccanotessili e di servizi del distretto laniero.

Raffaella Pinori
“Andiamo in fiera fiduciosi perché convinti del valore del nostro lavoro – dice Raffaella Pinori, coordinatrice del gruppo Produttori di filati della sezione Sistema moda di Confindustria Toscana Nord – ed i risultati ci sono. Anche nel quarto trimestre del 2022 la crescita della produzione rispetto allo stesso periodo del 2021 è stata a due cifre, intorno al 12% secondo i primi dati del Centro studi di CTN. +19% per gli ordini dall’estero, confermando le prospettive di buone prestazioni nell’export. Gli investimenti fatti in innovazione, sostenibilità, stile, servizio al cliente collocano i filati per maglieria pratesi al top mondiale. Ma ci sono anche motivi di preoccupazione, a iniziare dal problema costi che si fa sempre più acuto per arrivare a materie prime, trasporti e servizi in genere”.
Le oltre 80 imprese produttrici di filati per maglieria e per tessitura del distretto pratese contano più di 1700 addetti diretti; nel 2021 hanno ampiamente recuperato quel 25% di fatturato che avevano perso nel 2020, chiudendo con un complessivo di 635 milioni di cui il 40% (257 milioni) realizzati con l’estero; i produttori di filati per maglieria esportano mediamente il 55% del fatturato, mentre i filati da tessitura sono assorbiti per lo più dal mercato interno e la quota di fatturato destinata all’estero è molto inferiore.
Nel 2022 sono stati in forte incremento, superiore al 40%, i due principali paesi di destinazione dell’export di filati pratesi, la Germania (quota del 10,9% sul totale dell’export) e la Romania, dove si lavora e riesporta (10,4%). Aumenti significativi anche per Spagna (+18%), Portogallo (+29%), Croazia (+14%) e Turchia (+52%).
In calo invece Hong Kong e Cina (-14% e -7%), sulle quali ha pesato l’effetto-pandemia sia direttamente per le politiche zero-covid del governo cinese, sia indirettamente per il fenomeno del back-shoring verso Europa e bacino del Mediterraneo.
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