Contraffazione, Indicam lancia l'allarme

Crescita a doppia cifra per il fatturato. Se si trattasse di un'azienda o di un settore 'legale' del tessile-abbigliamento questo sarebbe l'incipit perfetto per un articolo ma purtroppo il dato, fornito da Indicam, si riferisce alla contraffazione in Europa. L’Istituto di Centromarca per la lotta alla contraffazione nella sua assemblea annuale ha presentato i dati della lotta alla contraffazione. “Il nostro Governo è impegnato in una lotta molto decisa all’evasione fiscale – commenta Carlo Guglielmi, presidente di Indicam – che danneggia l’economia e i cittadini. Eppure esiste un fenomeno che è totalmente trascurato: la contraffazione non conosce crisi, anzi, sembra essere contro-ciclica: così, mentre noi discutiamo di 1 o 2 punti di IVA, i contraffattori la evadono tutta e danneggiano le imprese e i loro marchi. L’effetto ultimo è un ulteriore calo del PIL e del gettito fiscale”.
I dati più recenti di comparazione tra il 2010 e il 2011, in effetti, mostrano che sia a livello europeo che a livello mondiale la contraffazione non conosce crisi e soprattutto continua a crescere parallelamente alla crescita della globalizzazione e del commercio via internet. E questo pur tenendo conto che si tratta in un caso come nell’altro di dati interdoganali, che quindi non includono le contraffazioni prodotte e consumate all’interno della stessa regione doganale. I dati diffusi dalla Commissione Europea mostrano che il numero dei prodotti sequestrati è cresciuto nel 2011 di circa il 10% rispetto all’anno precedente, mentre il numero di sequestri è aumentato del 15% per un totale di 91.245 sequestri in un anno. Il valore stimato di questi beni, che rappresentano solo una quota del totale contraffatto, ha raggiunto l’1,3 miliardi di euro (+18% rispetto al 2010).
Cresce, quindi, il valore complessivo della contraffazione, ma crescono più che proporzionalmente i rischi per il consumatore: prodotti di uso quotidiano e prodotti potenzialmente dannosi alla salute e alla sicurezza dei consumatori, ammontano al 28,6% dei sequestri, confrontati con il 14,5% del 2010. Un dato che ovviamente è collegato al fatto che circa il 24% dei sequestri ha riguardato farmaci e che tra i colli postali sequestrati (ovvero i piccoli acquisti effettuati direttamente dal consumatore) circa il 36% erano medicinali.
“La questione della salute dei consumatori – continua Carlo Guglielmi – è spesso usata in maniera demagogica nonostante rappresenti un problema importante, seppure non unico, sul fronte della lotta alla contraffazione. Nelle statistiche europee emerge, per esempio, che il 18% dei sequestri riguarda le sigarette. Ora siamo arrivati al paradosso che, peproteggere i consumatori dai danni del fumo, si vuole introdurre anche in Europa il cosiddetto plain package, confezioni “neutrali” con l’indicazione del nome del brand ridotta al minimo, il miglior regalo possibile ai contraffattori di sigarette. L’esito rischia di essere a danno della salute dei cittadini perché la qualità del prodotto sarebbe ulteriormente minacciata e la possibilità di controlli ulteriormente complicata. Esempi di miopia simili rendono la nostra lotta impari”.
Le statistiche mondiali presentano dati altrettanto preoccupanti: nel confermare che l’aumento più significativo ha riguardato i prodotti farmaceutici sia a livello di casi (+33%), sia in termini di prodotti sequestrati (+129%), la contraffazione dimostra di essere ormai globale, capace di arrivare al singolo consumatore direttamente e in grado di danneggiare qualunque marchio di successo. “Nella classifica dei marchi per i quali è stata maggiormente riscontrata la contraffazione attraverso i sequestri – prosegue Guglielmi – ci sono molti marchi che pure non essendo italiani, sono prodotti da aziende italiane. È del tutto evidente che la contraffazione brucia ogni anno milioni di euro che finiscono per danneggiare le aziende e i lavoratori italiani e indirettamente il bilancio pubblico. Eppure, mentre si rinuncia alla parola “furbi” per gli evasori, non si capisce che la contraffazione racchiude in sé una forma ancora più perversa di ricatto all’equilibrio del sistema: un apparente sconto al consumatore in cambio dell’evasione da tasse e oneri sociali e danni alle aziende che hanno investito risorse ingenti sul proprio marchio o sulla propria ricerca di design, che a loro volta si rovesciano sui lavoratori con un aumento della disoccupazione”. I dati mondiali riportano un altro fenomeno estremamente preoccupante. La crescita considerevole del prodotto contraffatto, diffuso attraverso “piccole consegne” (+55% è l’aumento di sequestri effettuati in uffici di smistamento postale), segnale inequivocabile che il web sta indubbiamente accelerando il processo e cambiando il modello di business dei contraffattori. Acquisti non più mediati e di piccoli importi/quantità ancora più difficili da intercettare. Aumentano, inoltre, i casi (il 14,6% del totale) di sequestri che hanno comportato uno o più passaggi in transito prima di raggiungere la destinazione finale. La classifica dei Paesi usati come destinazione di transito vede, nell’ordine: USA, Francia, Germania, Hong Kong Cina e Italia. Questo fa sì che, per lo Spazio Economico Europeo, i transiti sospettabili vadano a posizionarsi intorno al 40%.
“Questa importante fetta di sequestri effettuati su prodotti in transito, particolarmente nell’UE – continua Carlo Guglielmi – cresce e diventa una quota significativa proprio mentre il testo del nuovo regolamento doganale europeo sembra orientarsi nell’Europarlamento verso la soppressione della possibilità di effettuare sequestri se non per beni destinati ai Paesi UE. Dobbiamo iniziare a ragionare in termini di sostenibilità anche quando si parla di protezione del diritto d’autore o di protezione intellettuale. Un’economia globalizzata che non si curi di questo tema non è sostenibile nel lungo periodo, crea disparità tra Paesi contraffattori e Mercato in cui la contraffazione prospera tra aziende che investono nella crescita e nelle loro realtà aziendali e soggetti che, come una Penelope, disfano la tela dello sviluppo”.
In testa alla classifica dei marchi contraffatti Apple, Mac e Viagra, con Louis Vuitton quinto e primo tra i marchi di moda; nei primi quindici anche Chanel, Nike, Adidas e Calvin Klein. I maggiori sequestri sono invece targati Nike, seguiti da Louis Vuitton e Tag Heuer. 

28-9-2012

Condividi articolo