Otto padiglioni, migliaia di visitatori e l’impressione che la crescita non sia ancora finita: IFCO, Istanbul Fashion Connection “all’anagrafe”, si prende la scena fieristica con autorevolezza e conferma forza di un indotto, quello turco, che si basa su una forte interconnessione tra pubblico e privato.
I 500 ed oltre espositori stanno dando vita alla consueta kermesse di colori e lustrini, con uno stile certamente più vicino ai mercati orientali, intesi sia come Europa che Asia, ma anche con qualche concessione al design del centro Europa. Alla sua settima edizione la fiera ha già in archivio numeri misurati in centinaia di migliaia, sia per le aziende presenti che per i buyer. Nei corridoi la lingua più usata dopo il turco rimane il russo: la guerra sembra lontana ed i compratori arrivati da Mosca e dintorni sono davvero tanti, così come sono russe molte delle modelle usate negli stand per presentare gli abiti da sera.
Ma il target di IFCO è di fatto illimitato, come multidirezionale è l’export di abbigliamento, che ha raggiunto nel 2022 i 21,2 miliardi di dollari, per poi calare a 17,9 nel 2024: la crisi è comune e riguarda quindi anche i paesi importatori di abiti turchi. L’effetto è stato pesante perché l’industria turca di abbigliamento, tessuti, pelle e tappeti che appena due anni fa impiegava un milione e 400 mila persone adesso è scesa sotto il milione. 159 mila persone hanno perso il lavoro nel solo settore dell’abbigliamento.
Quindi tutto fermo in attesa di miglioramenti? No. Gli investimenti proseguono, anche nell’ottica di una stabilizzazione nella geopolitica: la tregua in Palestina e l’effetto Trump sul conflitto russo-ucraino è confortante. e non c’è timore neppure per eventuali dazi USA: “Con Trump la situazione migliorerà e gli affari saranno più facili – dice convinto Mustafa Pasahan (al centro nella foto a lato), vice presidente di Ihkib, l’associazione che organizza la fiera – anche se non possiamo capire con certezza quello che succederà a livello globale. Abbiamo clienti sia in Canada che negli Usa e siamo fiduciosi per i rapporti con loro in futuro”.
Per un’industria che ha il 70% dell’export in Europa l’Italia è imprescindibile: è più esempio e ispirazione per lo stile o concorrente sul mercato? Anche in questo caso Pasahan non ha dubbi: “Con l’Italia siamo in ottimi rapporti, da sempre, e non sarà mai una concorrente ma un paese amico. Siamo in contatto con Ente Moda Italia e ci uniscono temi come la sostenibilità e il riciclo”.
E anche su questo tema la Turchia sembra pronta per confrontarsi con le regole europee sempre più stringenti: “Stiamo facendo grandi passi in avanti – conclude l’imprenditore turco – e non avremo problemi con queste normative”.