E’ passato un anno dalla scelta della strategia della Commissione europea per il futuro dell’industria tessile ed Euratex fa un primo punto della situazione.
La strategia si concentra principalmente sulla riduzione dell’impronta ambientale e sulla promozione della sostenibilità e della trasparenza nella catena del valore ed Euratex l’ha accolta con favore ma anche con la consapevolezza che di trattava di un processo delicato che concili la sostenibilità con la competitività e che i benefici dovrebbero superare i costi.
La guerra russa in Ucraina ha cambiato drasticamente il contesto economico penalizzando l’industria europea rispetto ai concorrenti globali, mentre il blocco prolungato della Cina e le politiche commerciali difensive negli Stati Uniti e altrove hanno generato ulteriore incertezza sul mercato e interrotto le catene di approvvigionamento.
“Oggi – scrive Euratex in una nota – rimaniamo cautamente ottimisti sull’attuazione della strategia, ma dobbiamo mettere in guardia da alcune importanti insidie sulla strada da percorrere”. Quattro i punti indicati.
Il primo riguarda la Commissione, che sta procedendo “rapidamente” nel tradurre la strategia tessile dell’UE in bozze legislative. Sono in discussione almeno 16 atti legislativi che trasformeranno l’industria tessile in un settore regolamentato. “La qualità di questo nuovo quadro normativo – continua la nota – è fondamentale per il successo della strategia: le prossime norme devono essere coerenti, tecnicamente fattibili e applicabili, e avere un costo minimo per le PMI. Chiediamo un calendario realistico e un “test di competitività” per ogni atto legislativo prima della sua adozione”.
Poi uno sguardo alle aziende tessili, che devono essere informate e sostenute per conformarsi a questo nuovo quadro normativo. Euratex chiede finanziamenti per innovazione e digitalizzazione, sviluppo delle competenze, sostegno alle start-up e all’internazionalizzazione, oltre a energia a prezzi accessibili.
Terzo punto quello sulla domanda di prodotti tessili sostenibili, sia da parte dei singoli consumatori che delle autorità pubbliche. È necessario adottare ad esempio attraverso un’aliquota IVA diversa sui prodotti sostenibili, norme rigorose sugli appalti, una più stretta collaborazione tra marchi/dettaglianti, produttori e consumatori.
Infine il rischio di fallimento della strategia in caso di non attenzione alla dimensione globale dell’industria tessile: fino all’80% dei prodotti di abbigliamento sono prodotti al di fuori dell’UE e dovranno essere conformi al nuovo quadro normativo, “ma non è ancora chiaro come garantire condizioni di parità. La sorveglianza del mercato deve essere intensificata in modo massiccio, anche per quanto riguarda le vendite on line, ma ciò richiederebbe sforzi significativi da parte degli Stati membri, che ad oggi non sono disponibili” conclude la nota.
“Vogliamo essere un leader globale nel settore tessile sostenibile, basandoci sull’imprenditorialità, la qualità e la creatività di quasi 150.000 aziende tessili europee. Creare questo nuovo quadro è una sfida incredibile, che richiede un dialogo serrato tra l’industria e l’autorità di regolamentazione. Ma se ben concepito e attuato con cura, può segnare una nuova era per l’industria tessile europea” dice il direttore generale Dirk Vantyghem (nella foto).