Istanbul Fashion Connection

La giostra dei colori di IFCO

Istanbul Fashion Connection ha chiuso la sua edizione invernale (anche se i 16 gradi ed il sole l’hanno fatta sembrare più che altro primaverile) dopo aver visto passare dalle porte dello spazio espositivo vicino all’ex aeroporto cittadino un gran numero di visitatori.

Il salone turco dell’abbigliamento organizzato da Itkib veniva dall’aumento di visitatori a due cifre registrato nello scorso agosto e quindi le aspettative, poi confermate, erano di avere almeno la stessa quantità e qualità di buyers e addetti ai lavori.

In attesa dei numeri ufficiali c’è da registrare un nuovo passo in avanti dal punto di vista dell’organizzazione, con un programma di dibattiti, approfondimenti e talks che hanno animato i giorni di fiera. E qui è stata protagonista anche l’Italia, con il seminario tenuto da Erica Marigliani, docente e direttrice creativa dell’Accademia della Moda IUAD, sulla moda etica: una presenza di valore ad un salone che guarda all’Italia come fonte di ispirazione (tanti i nomi di brand turchi che richiamano Milano, Roma o cognomi dal suono inconfondibile) ma che non si rivolge all’Italia, o almeno lo fa in modo molto limitato, come mercato di destinazione o di approvvigionamento.

La lingua più ascoltata nei corridoi, oltre al turco, è sicuramente il russo: i prodotti di abbigliamento turchi sono infatti appannaggio di un bacino che spazia dall’Europa dell’est all’Asia e al Medio Oriente. Un mix di gusti e religioni che prevede abiti diversi, colori diversi e accessori diversi: dominano ancora i toni più accesi, l’abbondanza di lustrini e paillettes, anche negli abiti più formali, ma non mancano, per l’appunto tra i brand di ispirazione più “italiana” approcci sartoriali più pacati e colori pastello.

Punto debole, soprattutto in ottica marketing e comunicazione, la scarsa propensione a manifestare l’approccio alla sostenibilità, pur perseguito ed in crescita: anche chi è sostenibile non lo fa sapere. Se da un lato abbondano gadgets e modelle all’ingresso degli stand, dall’altro pochissimi brand hanno apposto sui vetri o vicino agli abiti esposti, i loghi delle certificazioni, che siano quelle della lana o del cotone.

E questo è un altro passo da fare per la crescita di IFCO.

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