Messe Frankfurt Italia

L'Italia del tessile si ritrova a Shanghai, in attesa di agosto

Mai giudicare una fiera dal numero di visitatori e aspettare sempre che il numero di visitatori si trasformi in ordini. Ma se uno volesse abbandonarsi all’ottimismo non può che trarre ottime indicazioni da Intertextile Apparel di Shanghai, dove un manipolo di aziende italiane ha superato anche la mancanza di sovvenzioni pubbliche presentandosi con orgoglio e fiducia nell’area comune organizzata da Messe Frankfurt Italia.

L’isola tricolore nell’Oceano di una fiera dalle dimensioni uniche al mondo non è tanto verde e bianca quanto rossa, come il colore che caratterizza il blocco di stand nella parte di salone che ospita il Vecchio Continente, Salon Europe.

Stand piccoli, alcuni presidiati dagli agenti locali altri, molti, con personale arrivato anche dall’Italia: quasi nessuno, a metà della prima giornata, è vuoto, anzi.

Maurizio Meoni (Fratelli Bacci) è un commerciale che mastica Asia da anni e di frequente: arriva direttamente dalla Corea ma in Cina è quasi di casa, pre e post Covid. “Per le nostre caratteristiche – spiega – è più indicata l’edizione invernale ma essere anche alla Spring dà continuità alla presenza su un mercato dove la stagionalità è relativa e l’inverno piuttosto breve. In questo momento è la Corea del Sud  dare più soddisfazione e a permettersi prezzi al metro maggiori, mentre il Giappone paga l’inflazione, il cambio sfavorevole ed i dazi, seppure quelli con l’Italia siano mitigati dagli accordi commerciali. La Cina, dopo il Covid, è ripartita più tardi dell’Italia e mi dicono che c’è il rischio di una bolla immobiliare che potrebbe condizionare ogni settore commerciale; in ogni caso riusciamo a manere prezzi di acquisto buoni”.

Parere contrario sulla stagionalità per Umberto Quaglia (Guabello): “Le stagioni contano – dice – tanto in Italia, come visto a Milano Unica, quanto qui, dove il post Covid rimane complesso. Per noi la Cina rimane un mercato di riferimento, anche se la pandemia ha cambiato la sensibilità e l’attenzione al prezzo. Noi siamo qui con tessuti per gli abiti da businessmen, l’impressione è buona, di gente ce n’è davvero tanta ma vedremo tra sei mesi che bilancio trarremo. Ma vogliamo esserci, anche per sfruttare l’effetto trascinamento di Milano Unica Cina”.

“E’ presto per dare un giudizio – dicono Filippo Ronchi e Federico Veronesi (E. Thomas) dopo appena quattro ore dall’apertura delle porte del gigantesco NECC – perché in genere i numeri migliori sono tra la metà del primo giorno e tutto il secondo. Sicuramente la presenza in fiera è cambiata da quando manca l’appoggio economico di Ice ed il mercato è un po’ fermo. Ed è cambiato anche lo scenario economico negli ultimi anni, perché le aziende europee hanno alzato i prezzi a causa di inflazione, guerre varie e costi di gas ed energia elettrica, mentre in Cina sono rimasti fermi. Prima del Covid la Cina era il nostro primo mercato straniero, bisogna capire se adesso lo è ancora. Come fiere facciamo solo questa e Jitac a Tokyo con il rappresentante ma non possiamo fare paragoni con Milano Unica, dove riceviamo per appuntamento e abbiamo un target definito”.

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