La moda è pronta a ripartire

Quando ripartiranno le fabbriche della moda non si sa, ma intanto si preparano le regole. Confindustria Moda e le organizzazioni sindacali nazionali di categoria Femca-CislFilctemCgil e Uiltec-Uil hanno firmato il Protocollo Condiviso del Settore Moda che “definisce le modalità per la ripresa dell’attività nelle imprese dei settori tessile, moda e accessorio”, si legge nella nota ufficiale.

“Se le attività non riprenderanno urgentemente, rischiamo di veder scomparire il 50% delle nostre aziende, soprattutto piccole e medie, che rappresentano il 90% del nostro settore – ha spiegato Claudio Marenzi, presidente di Confindustria Moda – Parliamo di centinaia di migliaia di posti di lavoro a rischio, ma anche di mancate entrate fiscali per lo Stato per miliardi di euro. Non solo, per ogni piccola e media impresa italiana che dovesse chiudere, ce ne sarebbe una straniera pronta a prenderne il posto. Significherebbe solo danneggiare la seconda più importante industria manifatturiera del Paese, principale contributore al saldo positivo della bilancia commerciale nazionale”. Dunque il rischio non è solo la perdita di fatturato, ma anche di quel know-how proprio della filiera italiana.

Alla luce di questa urgenza il documento tocca molti punti, per non lasciare varchi a nuovi rinvii: ingressi scaglionati per i dipendenti,  policy per la pulizia (giornaliera) e sanificazione (settimanale) dell’azienda, utilizzo di dispositivi di protezione individuale (come le mascherine, fornite dalle stesse aziende), formazione delle persone (per esempio, sulle misure precauzionali e igieniche da adottare), gestione degli spazi comuni e organizzazione aziendale più flessibile, incentivando, qualora fosse possibile, lo smartworking. 

Marenzi ha sottolineato anche il problema del pagamento della cassa integrazione  per i dipendenti: “per un mese va bene, ma se lo prolunghiamo diventa un problema sociale e l’epidemia economica può fare danni anche superiori e molto più a lungo di quella virale”. E chissà che questo gravissimo evento non sia anche l’occasione di rafforzamento dell’industria italiana. “Fino a qualche mese fa, il discorso era incentrato sul fare più produzione in Italia – conclude Marenzi – Tra qualche mese, a mio avviso, ci sarà da riportare anche quella che abbiamo perso in questi mesi. Detto ciò, bisogna operare sul cuneo fiscale, perché se il nostro costo del lavoro rimane quello di adesso il reshoring è impossibile. Dobbiamo far sì che in Italia si possa lavorare con una competitività pari a Spagna, Portogallo, Romania, all’Europa in sostanza”. 

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