Secondo giorno di fiera a Londra con un inizio di mattinata un po’ più sonnacchioso rispetto a ieri ma con tutti i clienti più importanti che hanno fatto la loro visita ai vari stand, anche e soprattutto delle aziende italiane.
A tenere banco è, oltre al presente, anche il prossimo futuro, tra Brexit, possibili ma per niente certi visti e dazi e concorrenza straniera. La London Textile Fair rimane comunque un appuntamento irrinunciabile per più motivi: “E’ una fiera che ha un senso e che ne avrà – dice Roberto Rosati di Fortex – finchè i costi saranno contenuti e vivrà facendo leva sulle tante piccole aziende di moda che hanno sede in città. Siamo qui con l’estivo ma i clienti continuano a guardare l’invernale, perché la tempistica è rallentata; probabilmente il salone è destinato a diventare specializzato in stock-service. Per quanto riguarda la Brexit non prevedo grandi ripercussioni, non conviene a nessuno chiudersi”.
Leonardo Targetti, del Lanificio Caverni, è alla seconda presenza a Londra, dopo quella di luglio: “Per entrare sul mercatoci vuole tempo – dice – e sappiamo che non dobbiamo aspettarci l’Inghilterra di 5-6 anni fa. Comunque immaginavo un mercato più sofferente di quanto invece sia; abbiamo avuto contatti nuovi ed anche qualche ordine”.
Presente con l’invernale anche Intespra, che di norma partecipa solo alle maggiori fiere nella loro edizione di luglio e settembre: “A Londra abbiamo l’agente – dice Alessandro Cenci – ma siamo voluti venire perché è una fiera comoda, dai costi abbordabili e rimane un momento di incontro con i clienti. Rispetto a luglio noto che ci sono meno visitatori, evidentemente le collezioni estive qui hanno meno appeal. Per il futuro potremmo pensare a fare una mini collezione per l’estivo, oltre al consueto refresh dell’invernale”.
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