Un’Italia competitiva, soprattutto nel settore tessile-moda-pelle

Focus – In una situazione tanto critica, i dati presentati da Marco Fortis della Fondazione Edison fanno bene, perché danno segnale che il nostro sistema produttivo è ancora vivo citale. Fanno bene soprattutto perché queste stime vengono da enti terzi, quindi imparziali.
Secondo il Trade Performance Index elaborato dal WTO e dall’UNCTAD, nonostante la crescente concorrenza dei paesi emergenti nelle fasce di più basso valore aggiunto, nel 2010 l’italia rimane il Paese più competitivo al mondo nei tre comparti del tessile, dell’abbigliamento e della filiera cuoio-pelletteria-calzature. E’ seconda nei settori della meccanica non elettronica, dei manufatti di base e dei manufatti diversi. Sesta ne prodotti alimentari.
Se si considera la competitività nel commercio estero in generale, esteso cioè a tutti i settori merceologici, tra i paesi del G20, sempre nel 2010, l’Italia ha la seconda posizione, dopo la Germania, che risulta prima in 8 settori merceologici dei 14 macrosettori economici considerati dal Trade Performance Index (tra questi mezzi di trasporto, meccanica non elettronica, prodotti chimici, componenti elettronici). Terza in classifica la Cina, a seguire Francia e Giappone.
A riprova del fatto che il settore abbigliamento moda non è un settore maturo, Edison ha fornito i dati relativi alla generazione di valore aggiunto di questo settore ‘allargato’, comprensivo cioè di tessile, abbigliamento, calzature, pelli, oreficeria, cosmesi e occhialeria: ebbene nel 2008 il valore aggiunto creato da questo settore italiano è stato maggiore di quello creato dal settore dei veicoli a motore di Francia e Spagna insieme o di quello creato dal settore aerospaziale francese.
Guardando all’Italia, invece,qual è l’importanza dei vari poli produttivi della moda made in Italy? Guardando al numero degli addetti la provincia più importante è Fermo che conta il 31,3% degli addetti totali, a seguire Prato (29,9%) e Biella (21,9%), un po’ più staccati Macerata 12,5%), Barletta-Andria e Trani.
Sappiamo che la vocazione delle aziende della moda made in Italy è per l’esportazione. In effetti questa voce è in aumento, nonostante la crisi: l’export era pari a 46 miliardi di euro nel 2010 ed è stato di 52 miliardi di euro nel 2011. Il trend quindi è positivo, dopo la brusca caduta del 2009 che fece scendere sensibilmente le esportazioni sia dell’abbigliamento, che del tessile, che del cuoio-pelle-calzature, che della cosmetica, gioielleria e occhialeria.

20/9/2012

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