Dallo sport al lusso: questo il percorso di Pantofola D’Oro, storica maison di lusso Made in Italy fondata nel 1886. Una storia che nasce nella bottega di famiglia di via della Fortezza nel cuore della città vecchia di Ascoli Piceno, dove Emidio Lazzarini lavora come calzolaio, mettendo in pratica gli insegnamenti del padre e prima ancora del nonno, artigiano in Ascoli dal 1886. Siamo negli anni Quaranta ed Emidio, terminato il lavoro, si dedica alla lotta libera, uno sport che lo costringe a indossare scarpe particolarmente scomode e inadatte. Così lui stesso decide di farsele da solo, le scarpe, morbide e avvolgenti. Lazzarini intuisce che le sue scarpe possono risultare utili anche ad altri atleti, così contatta la squadra di calcio locale, l’Ascoli, e il successo è immediato. Col tempo la scarpa viene via via perfezionata e finisce ai piedi di tre grandi del Real Madrid, Muller, Puskas e Di Stefano. Negli anni 60, Pantofola d’Oro si trova su tutti i campi di gioco. Diventa strumento ideale per la fantasia di rifinitori come Sivori e Rivera, per la scaltrezza di attaccanti come Mazzola, il vigore e la tenacia di campioni come Riva, Haller, Burgnich, e Amarildo. Negli anni ’70, in Italia le stesse scarpe vestono i piedi di Roberto Bettega, Capello, Conti, Morini, Pruzzo e Spinosi. Negli anni ’80, calzano i piedi di tre grandi brasiliani, Falcao, Cerezo e Dirceu e negli anni ’90, accompagna i successi di Roberto Mancini.
Ma oggi Pantofola d’Oro è anche sneaker eccellente per chi la indossa ogni giorno, pur non essendo un atleta. A Pitti Uomo presenta la nuova collezione che include tra gli altri Penalty, una rivisitazione del classico modello, che conserva il design originale arricchito con una tomaia in pelle e inserti in suede, e New Superstar, il modello emblema dell’heritage Pantofola d’Oro, che richiama le calzature da calcio storiche.
Il Ceo Kim Williams non nasconde tuttavia le difficoltà di questo momento: “Sicuramente la situazione è critica perchè i consumi sono bassi soprattutto per la fascia di prodotti medio-alti (nel caso delle calzature, sneakers che vanno dai 200 ai 400 euro) e soprattutto, duole dirlo, in Italia e avendo una manifattura nelle Marche tocchiamo con mano le difficoltà dei consumatori. Per fortuna Pantofola d’oro ha un ottimo sbocco su mercati che investono ancora molto sul Made in Italy, penso in particolare alla Corea e al Giappone, che tuttavia almeno per ora non sono presenti in forze qui a Firenze. Per quanto riguarda i nostri risultati economici, abbiamo avuto un piccolo incremento che ci ha consentito di mantenere i margini, dato che i costi sono aumentati in maniera significativa”.
Una storia familiare anche quella di Enterprise Japan, marchio di sneakers Made in Marche dal forte legame con la cultura nipponica, che in occasione di Pitti Uomo ha realizzato l’evento-performance Upcycling, The performance of Authenticity, nel corso del quale il team di artigiani dell’headquarter marchigiano di Eli Group hanno mostrato come nasce il modello core della prossima collezione. “Ispirandosi all’antica tecnica rurale giapponese del Boro Sashiko, dove tessuti di riciclo venivano utilizzati per rammendare i kimono usurati – spiega il Ceo Andrea Croceri – Enterprise Japan ha presentato una capsule in limited edition che assembla scampoli di tessuti Furoshiki – pezze di cotone disegnato, tradizionalmente utilizzate per il trasporto di oggetti – con finiture in tela Olona o denim per “vestire” il modello core della prossima collezione FW 25-26: EJ JUPITER ROCKET. Enterprise Japan, brand nato tre anni fa, fa capo a EliGroup, fondato nel 2016 da Maurizio Croceri con Marco Marchi, polo produttivo di eccellenza nel settore, in grado di garantire una filiera 100% Made in Italy. Distribuite nelle migliori boutique nazionali e internazionali, da Luisaviaroma a Rinascente, fino a Level a Dubai e Breuninger a Berlino, Enterprise Japan apre nel 2024 il proprio showroom direzionale a Milano, a Palazzo Serbelloni. Concepita come un vero e proprio incubatore di idee, l’organizzazione ha registrato una crescita straordinaria, passando da € 8 a 90 milioni di fatturato (2023) in soli otto anni.