Leandro Gualtieri
Filpucci: 50 anni di fili preziosi

Leandro Gualtieri <br> Filpucci: 50 anni di fili preziosi

E’ un anniversario importante, quello della Filpucci, 50 anni di attività nella produzione di filati creativi di alta gamma da maglieria: un passato importante alle spalle e un futuro ricco di promesse davanti, con un passaggio generazionale già compiuto e un management collaudato. Presidente e fondatore Leandro Gualtieri (nella foto con il figlio Federico), che insieme a Giuliano Coppini (con cui per altro fondò Lineapiù), è un nome mitico della filatura internazionale, un nome che da Prato è arrivato nelle griffe di tutto il mondo, insieme ai suoi filati, ricercato dai maggiori stilisti e produttore di filati assolutamente innovativi, con una grande attenzione alla sostenibilità.

Un anniversario importante: come sarà sottolineato?
Stiamo lavorando alla realizzazione di un libro che non sarà autocelebrativo ma che vuole essere fonte di ispirazione per il futuro. Raccoglierà i fili più emblematici che abbiamo realizzato: senza falsa modestia dico che alcuni sono stati delle pietre miliari del settore per le innovazioni, sia di prodotto che di processo, che abbiamo introdotto. Spero che questo lavoro possa essere fonte di ispirazione per i giovani.

Com’è cambiato il settore tessile in questi anni?
La moda è continuo cambiamento, è indubbio però che negli ultimi anni c’è stata un’accelerazione notevole. I clienti per primi cercano delle soluzioni per organizzarsi al meglio in questa competizione globale, in merito al retail, alle vendite on line, alle fasi di recessione. Ovviamente dalle loro scelte dipendiamo anche noi. Per ora l’effetto principale che viviamo è quello della frammentazione delle collezioni: il metodo Zara si sta affermando come una strada da seguire anche per chi lavora nell’alta gamma.

Ovviamente questo ha le sue ripercussioni sulla vostra organizzazione aziendale.
Assolutamente, dato che questo modo di lavorare comporta ordini piccoli e veloci da evadere. Purtroppo questo modo di lavorare, oltre a richiedere un’azienda strutturata e fortemente organizzata, fa lievitare anche i costi perché non consente la migliore efficienza degli impianti. A catena questo si riverbera a valle della filiera: pensi solo alla tintoria che sarà costretta a tingere in vasche piccole. La conseguenza è che dovremmo tutti organizzarci per produrre a costi più bassi, pur senza sacrificare la qualità né delle materie prime né delle lavorazioni. Questo resta per noi un must, non sempre condiviso da tutte le griffe, alcune delle quali preferiscono far leva sul logo anziché sulla qualità.

Come si pone il consumatore di fronte a questi due diversi approcci?
Certamente oggi fare leva solo sul marchio non è una scelta vincente: il compratore è maturo, attento. Oggi il lusso non è il marchio, ma la lavorazione, la qualità, la creatività che stanno dietro al prodotto.

A Prato, ma anche a Biella, investitori e aziende straniere hanno fatto shopping nel settore tessile, Filpucci ha ricevuto qualche richiesta di acquisto o ingresso in partecipazione dell’azienda?
Filpucci non ha al momento nessun ‘corteggiatore’, del resto il settore dei filati ha meno appeal di quello dei tessuti sul mercato delle imprese: non c’è una immagine così riconoscibile. Per quanto ci riguarda, però, sono orgoglioso di dire che in molte parti del mondo ho trovato abiti realizzati con nostri filati con dentro la nostra etichetta. Questa visibilità è importante e motivo di grande soddisfazione.

Infine, com’è cambiata Prato?
Dico con rammarico che a Prato purtroppo è quasi scomparsa la filiera: noi stessi abbiamo dovuto fare investimenti per acquistare i macchinari necessari a certe lavorazioni che prima facevamo fare fuori in aziende del distretto; siamo diventati un’azienda quasi a ciclo completo. Questo comporta minore elasticità, ma soprattutto comporta una perdita di competenze nel distretto, un patrimonio di conoscenze che si impoverisce.

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