La recente richiesta di concordato del gruppo Roberto Cavalli, come indicato da diverse fonti giornalistiche, ha riaperto una certa discussione nel settore del middle luxury fashion o del new luxury. Parliamo infatti di una fascia non propriamente lusso ma più adeguatamente casual/ middle luxury, che ha alcune caratteristiche molto simili alla fascia più alta di mercato ma che in realtà se ne discosta per un prezzo più accessibile ed un target di mercato quindi più basso. E’ la fascia di D&G di Dolce e Gabbana , di Emporio Armani per Armani, di Versus di Gianni Versace oppure di CK di Calvin Klein per intenderci, fascia più casual e giovanile delle linee classiche. L’esperienza di molte griffe non è stata positiva su questa fascia, D&G non produce più ad esempio, come lo stesso Calvin Klein, e quelle che rimangono sono perlopiù trainate dall’andamento del brand di lusso.
Roberto Cavalli, nonostante avesse anche il brand minore Just Cavalli, è un marchio di fascia alta ma non assimilabile alla fascia luxury. L’azienda risale agli anni ’70 quando lo stilista fiorentino, classe 1940, intraprese la strada della moda con le sue composizioni particolarmente animal e patchwork. Le sue collezioni hanno molto di artistico, oltre che di stilistico, e questo è anche frutto delle origini di Roberto Cavalli: suo nonno Giuseppe Rossi era infatti un pittore della corrente dei macchiaioli. L’azienda ha un successo importante negli anni con presenza in molti paesi europei, in nord America e in Cina. Il brand ha un apprezzamento particolare, specie tra i giovani, tanto da divenire anche riconoscibile oltre la moda: nascono i bar/lounge di Roberto Cavalli tra cui il caffè Giacosa di Firenze. All’apice degli investimenti arriva la crisi da cui la ricerca di partner in grado di supportare la crescita di un brand apprezzato ma debole. Necessita infatti ancora di forti investimenti in collezioni, ma ancor più in pubblicità ed eventi, al fine di giungere ai livelli dei brand più amati e pagati. Nel 2015 il fondo italiano Clessidra, tramite la società veicolo Varenne4 e finanziata da investitori asiatici, acquisisce il 90% dell’azienda fiorentina ponendo le basi per una riorganizzazione che potenzialmente vedeva la griffe tra le maggiori luxury brand mondiali.
L’operazione è avvenuta con liquidità del fondo e con basso impatto finanziario esterno ma l’operazione ha comunque avuto un pesante effetto sul bilancio, specie quando la società veicolo Varenne4 è stata fusa con la operativa Roberto Cavalli Spa. L’impatto delle immobilizzazioni, enormemente valutate per il marchio, avrà un effetto marcato sull’EBIT (profitto prima di interessi e tasse) con una conseguente successione di perdite che andranno ad aggredire il capitale dell’azienda. A partire dal 2015, anno dell’acquisizione da parte del fondo Clessidra, il conto economico della Roberto Cavalli Spa rileva un profitto di 52€/Mln (bilancio 2015) dovuto ad una plusvalenza di oltre 138 milioni di € relativa alla cessione di asset importanti come il prestigioso immobile di Parigi. Negli anni successivi, in assenza di partite straordinarie, la società rileva perdite per un ammontare di oltre 88 milioni di euro. Nonostante infatti la consistente cura di Cost saving attuata nel 2017 rispetto all’anno precedente (- 15 milioni di € in costi per servizi, – 3 milioni di Euro in costi per godimento beni di terzi e -4milioni di € in stipendi) il Margine Lordo è ancora negativo per circa 7,5milioni di € (negativo per 41 milioni l’anno precedente).
Il problema del bilancio è sulla voce ammortamenti: circa 30 milioni di euro, quasi per la totalità relativi all’acquisto del marchio (in realtà si tratta del disavanzo di fusione di Varenne 4, veicolo di acquisto utilizzato dal fondo Clessidra). L’ammortamento è originato dall’importo di circa 256 milioni di Euro in Immobilizzazioni immateriali rappresentati appunto dal valore del brand alla base della valutazione dell’operazione di acquisto da parte del fondo nel 2015. L’ingente voce degli ammortamenti, peraltro tutti intangibili, appesantisce il risultato portandolo, dopo ulteriori 4 milioni di Euro di interessi passivi a 33 milioni di perdita (erano 55 l’anno precedente). Gli alert sull’azienda sono ancora più marcati dal punto di vista patrimoniale. Analizzando infatti l’ingente valore delle immobilizzazioni immateriali rileviamo che un’eventuale svalutazione del valore del marchio potrebbe inficiare drasticamente il patrimonio della società e, con gli impairment test necessari nei bilanci di oggi, non si tratta di una possibilità particolarmente remota. Analizzando ex-post l’operazione di acquisto da parte di Clessidra, rileviamo che la fusione della società veicolo Varenne4 ha portato due importanti conseguenze nei bilanci del brand fiorentino: un appesantimento degli ammortamenti non in linea con la marginalità dei prodotti (quindi ampie perdite) e la valutazione di un effetto di svalutazione in grado di azzerare il patrimonio (alto rischio aziendale, ricapitalizzazione necessaria).
Che effetti potrebbe avere nel distretto di Prato il concordato di Roberto Cavalli? Direi non particolarmente pesanti, si tratta certo di un marchio altisonante nella zona ma più per il suo successo degli anni 90 e per la presenza della sede a Sesto Fiorentino con 240 lavoratori che non per i legami con il tessuto manifatturiero della zona. Nello stesso distretto di Prato non si rilevano particolari legami se non con piccoli fornitori di prodotti finiti (maglie e capispalla in particolare).
Il caso però è interessante analizzare sempre in paragone alla fascia luxury: si tratta ancora una volta di un’azienda che effettua investimenti e marketing ai livelli delle maggiori griffe ma che, vuoi per brand value che per dimensioni stesse del business, nulla ha a che vedere con i maggiori gruppi del clothing di lusso come il gruppo Kering o LVMH.
Sono infatti in linea alle maggiori Griffe gli investimenti in marketing, advertising e presenza diretta ma sono tuttavia spropositati rispetto al business. Solo a guardare le location vediamo la presenza diretta del brand sulle piazze più altisonanti come Via della Spiga a Milano, Via Tornabuoni a Firenze ma anche Roma, Venezia, Forte dei Marmi, St Moritz, Vienna, Parigi.. per finire agli 8 store diretti in USA ed ai 5 in Cina. Ancora una volta il passo è stato troppo lungo e non supportato da un mercato che, in una fascia new luxury risulta ancora più pericoloso di una fascia media per un mercato consumer non controllabile e marcatamente fluttuante alle ciclicità della moda.
Intanto la Roberto Cavalli avrà tempo fino ai primi di agosto per la presentazione di una proposta definitiva di concordato preventivo o per la domanda di omologa di accordi di ristrutturazione dei debiti, come deciso ieri dal Tribunale di Milano.
Francesco Bianchi, Analista Credito Senior