L’uomo che rincorreva l’arcobaleno

L’uomo che rincorreva l’arcobaleno

di Rossano Bisio

Ci sono persone importanti, come un mentore, un consigliere, una guida, un maestro, che si incontrano in varie epoche della propria esistenza. Le si deve incontrare nel momento giusto, né troppo presto né troppo tardi; si deve essere pronti ed aperti a raccoglierne gli insegnamenti; contemporaneamente lo spirito del maestro deve essere predisposto a creare quello splendido momento di alchimia che potremmo semplificare in puro “trasferimento di conoscenza”.

Nella mia carriera professionale questo istante propizio si verificò proprio alla fine della scuola tecnica tessile; “l’uomo che rincorreva l’ arcobaleno” mi accettò come tirocinante nell’ufficio-stile del suo lanificio e mi rese comprensibile cosa significasse il rapporto dell’uomo con il “colore”.

Quello era l’inizio degli anni Ottanta, ovvero gli anni del “riflusso nel privato”, dell’atteggiamento caratterizzato dal disimpegno politico e sociale e dall’ esplosione della “Milano da bere”. Il colore era presente in modo intellettualizzato, nelle geometrie dei maglioni di Missoni, nel pop barocco di Versace e nei toni estremamente sofisticati di Giorgio Armani. Già si percepiva, però, una nuova sensibilità di un consumatore giovane, in notevole progresso economico e tecnologico che si riconosceva in un abbigliamento qualificato e classico, tendenzialmente scuro e sobrio che si manifestò pienamente negli anni Novanta.

Il colore è morto” ebbe a scrivere. “L’uomo nuovo della comunicazione e della globalizzazione ha ormai nuovi punti di riferimento più pratici e disincantati; il colore, infatti, incanta e distrae”.

Negli anni Novanta la tecnologia entrò di prepotenza nel contesto dell’abbigliamento, nuovi tessuti in mista poliestere e poliammide comportarono un cambiamento epocale rispetto al prodotto tradizionale. Questo nuovo stile propose prodotti adatti a ogni evenienza e aprì la strada all’informalità assoluta dello street wear e del fast fashion.

Giunse poi “il momento dello stacco”, il più devastante che lui potesse immaginare, dai colori tessili e dal lavoro. Ma non si diede per vinto, iniziò a colorare le sue “panchine sognanti” (nella foto) di cui una esposta nel reparto “Art Decoratif” del Louvre. Iniziò anche ad usare i suoi colori per dipingere parole e nel 2011 vinse il premio “Cesare Pavese” per la poesia.

“L’uomo che rincorreva l’arcobaleno” è opera di Nino Casalino, un grande disegnatore ed imprenditore del Lanificio Fintes di Biella. La prefazione: “Nelle pagine di questo libro ho cercato di colorare con le parole profumate di lavanda i luoghi dove io ho voluto per qualche mese esiliarmi dopo il fatale seppur logico stacco dai miei colori compagni fedeli nel bene e nel male di una vita, luogo dolcissimo”.

Grazie, Maestro!

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