L’otto marzo è stato l’occasione per Cna Impresa Donna di presentare i risultati dell’indagine sugli effetti della pandemia ad un anno dal primo lockdown.
I numeri, elaborati dal Centro Studi CNA, raccontano di una resilienza e di una resistenza al virus, nonostante mille difficoltà. Quasi il 40% delle imprenditrici l’anno scorso si è impegnato in maniera proattiva, a esempio riorganizzando la propria attività, o ha continuato a lavorare registrando a fine anno risultati economici positivi. Il 47% invece assicura che, se l’emergenza non sarà superata in breve tempo, potrebbe ridimensionare fortemente la propria attività (39,1%) o addirittura chiudere i battenti (8,3%). A queste si aggiungo quelle purtroppo già chiuse.
D’altronde la crisi ha riguardato settori di filiere (moda, turismo, attività culturali, servizi alla persona) dove maggiore è la presenza femminile in termini di occupazione e di imprenditoria o lavoro autonomo.
A livello psicologico il 2020 ha avuto un impatto per lo più negativo: il 60,5% delle intervistate lo ha vissuto con sentimenti di preoccupazione, all’opposto il 37,5% ha affermato di aver guardato al futuro con speranza e fiducia. Le imprenditrici più pessimiste sono soprattutto quelle la cui attività è stata fondata prima del nuovo millennio, evidentemente provate dalle due precedenti crisi.
I contributi a fondo perduto sono la misura ritenuta più utile dalle intervistate (53%), soprattutto tra le imprenditrici preoccupate (57,1%). Quelle“ottimiste” esprimono invece un maggior favore per misure in grado di favorire la nascita di nuove attività (finanziamenti agevolati e a tasso zero per avviare nuove imprese) e il consolidamento di quelle esistenti: percorsi di assistenza tecnico-gestionale e investimenti nel capitale a beneficio delle imprese.
“Il periodo di lockdown – spiega Debora Spagnesi (nella foto), presidente del Comitato Impresa Donna di CNA Toscana Centro – ha fatto riemergere con forza il tema irrisolto della parità uomo-donna all’interno del nostro sistema sociale ed economico; dove purtroppo le donne risultano ancora il cardine principale sui cui ruota la gestione familiare, a scapito del loro impegno lavorativo. A questo si è aggiunto un sistema di welfare troppo debole e scarsamente organizzato, che non è riuscito a supportare le famiglie in un periodo di emergenza come quello del Covid-19″.
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *