MU: le sfide del ritorno alla normalità e l’aumento dei visitatori

MU: le sfide del ritorno alla normalità e l’aumento dei visitatori

In attesa dei primi feedback dagli incontri con  i visitatori, la soddisfazione del presidente di Milano Unica, Alessandro Barberis Canonico, riguarda i numeri degli espositori: 403 aziende italiane e  78 straniere, 81 aree speciali, per un totale 562 espositori presenti, con uno spazio sempre più ampio dedicato alle proposte per la donna.

“Sono molto soddisfatto dei numeri di adesione – commenta Alessandro Barberis Canonico – specie considerando che la selezione delle aziende presenti è di elevata qualità e la proposta creativa è sempre più qualificata. I dati sulle presenze, che hanno superato i valori pre-pandemia, sono una grande motivazione a mantenere Milano Unica un evento scelto dai top-buyer internazionali, che cercano prodotti sostenibili e di pregio”. Ed anche se i numeri riguardano solo la prima giornata, nel corso della cerimonia inaugurale di martedì pomeriggio il presidente Barberis Canonico si è detto molto soddisfatto anche dell’afflusso dei visitatori: +17% rispetto alla stessa giornata dello scorso anno. “Ci sono dati oggettivi che giocano  a favore di Milano Unica – continua Barberis Canonico – il ritorno del capospalla e della cravatta, una nuova propensione all’abbigliamento formale, esattamente ciò che offrono i nostri espositori”.

Ma la soddisfazione non può nascondere le criticità dello scenario in cui si muovono gli imprenditori, uno scenario sempre più competitivo e ancora soggetto a forti oscillazioni, su questo si sofferma l’analisi di Claudia D’Arpizio, Senior Partner Moda e Lusso di Bain & Company. “Il progressivo trend di stabilizzazione della supply chain tessile sta portando brand e retailer a «normalizzare» la loro domanda di tessuti dopo la forte crescita e gli anticipi degli ordini registrati nel 2022 (+17%) – spiega Claudia D’Arpizio – per queste ragioni ci attendiamo, nella seconda metà del 2023, una possibile lieve contrazione dei volumi, con anche possibili posticipi nel ritiro delle pezze finite da parte di alcuni brand/retailer per poter smaltire prima i propri stock. La performance del 2024 sarà invece principalmente impattata dalle scelte sui listini prezzo che verranno prese dai produttori tessili (a fronte di una stabilizzazione/riduzione di costi di energia e materie prime, che potrà tuttavia essere controbilanciata da possibili aumenti del costo del lavoro in risposta ad uno scenario macroeconomico inflattivo).  I “vincitori di domani” saranno quei produttori tessili che meglio di altri riusciranno ad affrontare le cinque sfide chiave che li attendono: offrire un servizio a 360° ai clienti, continuare ad innovare, mantenere il posizionamento sulle fasce di prezzo raggiunte post Covid, sostenere la filiera produttiva e attrarre e formare nuovi talenti”. Occhi puntati inoltre su tre mercati che potrebbero diventare molto interessanti: Malesia, Filippine e Taiwan.

Nonostante la sostenibilità sia un impegno che Milano Unica porta avanti da anni, anche in questa edizione non manca di essere al centro della riflessione, in particolare quella del Presidente di Confindustria Moda Ercole Botto Poala: “Il Tessile, Moda e Accessorio è consapevole dell’importanza di una trasformazione industriale che garantisca processi sempre più sostenibili – commenta –  Agendo come sistema siamo stati in grado di compiere già importanti passi avanti, ad esempio sul tema dell’economia circolare, dove abbiamo anticipato di anni la normativa europea in termini di riciclo dei rifiuti tessili. Ma il cammino è lungo e complesso. In primo luogo perché le regole su cosa significhi produrre in maniera sostenibile non sono ancora definite a livello comunitario. Per non essere spettatori passivi di queste decisioni dobbiamo essere in grado di far sentire la nostra voce e possiamo farlo solo lavorando in modo unitario. È fondamentale approcciare la sfida non come singole aziende, ma come un sistema in grado di produrre oltre 108 miliardi di fatturato nel 2022. Non prevediamo problemi di mercato, vista la tendenza ad un allargamento del benessere, ma paradossalmente problemi di personale (dobbiamo tornare a promuovere il lavoro in fabbrica) e di sostenibilità (se delegheremo le scelte a Bruxelles senza una giusta rappresentanza”.

L’importanza delle associazioni che affiancano le imprese è  un tema condiviso anche da Sergio Tamborini, Presidente di Sistema Moda Italia, che ritiene necessario un lavoro di squadra che tuteli l’Italia in sede di decisione delle regole: “Le regole devono essere giuste, chiare – commenta – ma soprattutto condivise da che viene a vendere nel nostro Paese (applauso della platea, ndr): finora la politica non ci ha aiutato, a maggior ragione quindi diventa importante l’associazionismo, soprattutto in una realtà come quella italiana in cui l’incremento delle dimensioni delle imprese non è possibile né in linea con la natura stessa delle nostre realtà imprenditoriali”.

Come in un botta e risposta garantiscono l’impegno delle istituzioni sia Maurizio Forte, Direttore Ufficio di Coordinamento e Promozione del Made in Italy di ICE Agenzia (“Accanto alla qualità del prodotto – ha commentato – è necessaria la qualità della collaborazione tra imprese, associazioni di categoria e istituzioni”) sia il Governatore della Lombardia Attilio Fontana (che ha sottolineato le iniziative della Regione a supporto della formazione dei giovani e sul significato di sostenibilità che deve avere anche un risvolto economico e sociale, oltre che ambientale) sia il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, presente con un video messaggio: “Il ddl approvato il 31 maggio dal Consiglio dei ministri a tutela del Made in Italy tocca anche questa filiera che è motivo di orgoglio per il nostro Paese oltre che fonte di ricchezza: in questo senso le iniziative relative alla formazione dei giovani, alla valorizzazione degli istituti tecnici, al trasferimento di competenze tra generazioni grazie all’affiancamento dei pensionati ai neo assunti. E’ incoerente che in un paese con un alto tasso di disoccupazione giovanile come il nostro, le imprese facciano fatica a trovare professionalità: è un gap che va colmato”.

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